Sotto i riflettori le difficoltà dei comuni montani teramani, da anni alle prese con una costante perdita della popolazione. Condizione che, secondo Ruffini, si sarebbe aggravata in questi ultimi mesi anche a seguito della crisi economica finanziaria e della riduzione ed accorpamento di alcuni servizi scolastici. A questi fattori si aggiungerebbe ora il problema dell’assistenza sanitaria.
“Nei comuni montani della provincia di Teramo” spiega meglio il consigliere regionale, “il servizio di “pediatria di famiglia” è erogabile agli assistiti nello studio del pediatra o a domicilio del paziente, specie per i bambini con patologie croniche”.
Si tratta di prestazioni che non comportano spese per le famiglie e che, allo stesso tempo, migliorano il livello di assistenza per la salute del bambino. Sulla base degli accordi collettivi nazionale e regionale, i pediatri che decidono di aprire studi nei comuni montani ricevono degli incentivi aggiuntivi. L’obiettivo è, ovviamente, quello di favorire un più facile accesso alle famiglie e una migliore erogazione a domicilio dei bambini con patologie croniche.
“Dal 1 luglio 2009, però” specifica a riguardo Ruffini, “dopo i tagli della Asl di Teramo ai compensi dovuti ai pediatri che operano in zone disagiate, sono a rischio di chiusura gli studi ambulatoriali nei comuni di Colledara, Tossicia, Fano Adriano, Crognaleto e Valle Castellana”.
Il consigliere regionale, dunque, pone l’accento sul grave disagio delle famiglie e dei bambini residenti in questi comuni a seguito di decisioni così importanti. Soprattutto se si pensa che, in base all’articolo 44 dell’Accordo Collettivo Regionale per la Pediatria di Famiglia della Regione Abruzzo, stabilità e assistenza pediatrica dovrebbero essere garantiti anche nelle zone geograficamente più svantaggiare e a popolazione scarsa e rarefatta.
“E’ ingiustificabile il taglio di questo servizi” tuona Ruffini. “L’assessore Venturoni non è stato in grado di fornire una soluzione al problema. Ha parlato di un avviso pubblico per cui potrebbero essere i medici di base ad assolvere questo tipo di prestazione senza indicare criteri modalità ed organizzazione del servizio”.
Una risposta, quella dell’assessore alla sanità, che non ha, dunque, soddisfatto Ruffini. Le cifre per assicurare il servizio sarebbero, infatti, minime, ma, anzichè tagliare i costi amministrativi, in Abruzzo si preferirebbe far pagare i cittadini più deboli.
“Il taglio di tali servizi” continua, poi, il consigliere “comporterà, inoltre, un maggior ricorso alle già intasate strutture diagnostiche ospedaliere, agli accessi del pronto soccorso, ai ricoveri impropri. Venturoni predica il taglio dei costi, invece pratica gli sprechi. Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione che l’assessore non è in grado di risolvere un solo problema per la sua provincia”.