Sebbene la sua costruzione risalga ai primi anni ’50, la struttura risulta assimilabile, sia per le forme architettoniche che per le tecnologie usate nei processi di lavorazione, agli zuccherifici costruiti prima della Seconda Guerra Mondiale. Sorto per fronteggiare la forte disoccupazione di quel periodo, è riuscito ad assicurare fino a 400 posti di lavoro. A tutt’oggi sono ancora leggibili le sue caratteristiche strutturali: la scelta di usare grandi aperture finestrate, disposte a nastro, è sopratutto determinata dall’elevata temperatura ( circa 50 gradi) che si raggiungeva all’interno dell’edificio durante il processo di lavorazione, Caratteristico di questo edificio è il lungo lucernaio, tipico dell’architettura industriale degli anni ’30 del XX secolo, attraverso il quale era possibile ottenere il necessario ricambio di aria. L’area di provenienza delle materie prime era vasta. Zucchero e melassa per l’ alcool costituivano la produzione principale e venivano distribuiti su scala nazionale, mentre la polpa su scala locale, come alimento animale. L’edificio principale è dove erano disposte le macchine, sorrette da poderose putrelle metalliche, combinate tra loro con piastre saldate. L’uso di questo sistema costruttivo si ripropone anche nella soluzione di corpi scala, che mettevano in comunicazione i tre piani. Nel magazzino dello zucchero, data la minore necessità di avere temperature basse, le aperture all’esterno sono limitate. La sua chiusura risale al 1974, da allora la struttura è degradata sempre di più ed è oggi un impianto fantasma, citato anche sul sito dell’archeologia industriale abruzzese.
L’area è attualmente da molti anni di proprietà dell’imprenditore Carlo Toto che da oltre un ventennio cerca di modificare la destinazione d’uso del terreno su cui sorge lo zuccherificio per realizzare un centro commerciale e un’area polivalente con un’affascinante progetto di una “cittadella del divertimento”, ma nonostante gli sforzi la riqualificazione dell’area dell’ex zuccherificio è ancora lettera morta.
La riqualificazione dell’ex Zuccherificio di Via Piaggio iniziò a far parlare di sé per la prima volta negativamente durante la Tangentopoli Teatina nel 1993, quando l’ Imprenditore Carlo Toto venne accusato di corruzione in quanto, secondo i Magistrati, aveva promesso nell’estate del 1990 all’allora Sindaco di Chieti Andrea Buracchio e ai deputati Anna Nenna D’Antonio e Artese Vitale detto “Lillino”, ingenti somme di denaro per ottenere da essi l’atto contrario ai doveri del loro ufficio al fine di favorirlo nei suoi disegni di sfruttamento dell’area dell’ex Zuccherificio. A loro volta, l’allora Sindaco e i due deputati della Democrazia Cristiana vennero accusati dai Magistrati di avere in concorso tra loro accettato dall’imprenditore del denaro in cambio del loro appoggio ai suoi disegni di trasformazione della destinazione d’uso dell’area dell’ex zuccherificio di Chieti Scalo e della installazione su di essa di un grosso centro commerciale.
Con la fine del potere Democristiano abbattuto dagli avvisi di garanzia e dalle manette che portarono all’arresto dei maggiori esponenti locali del Partito scudocrociato e il conseguente avvento al governo della città per oltre un decennio di Nicola Cucullo, del progetto di riqualificazione dell’ex zuccherificio non se ne parlò più.
La vicenda tornò di attualità nel 2009 e al governo della città c’era l’amministrazione di centrosinistra del Sindaco Dott. Francesco Ricci, dell’Assessore all’Urbanistica Avv. Valter De Cesare e dell’Assessore ai Lavori Pubblici Arch. Luigi Febo, quando la vallata delle industrie estesa su circa trenta ettari di terreno tra il Fiume Pescara e la ferrovia, sembrava si preparasse a svestirsi del degrado che la divorava per cedere il posto ad una vera e propria “cittadella” dei servizi e del divertimento.
Travi cadenti, strutture abbandonate, edifici anche rivestiti di eternit ormai logori erano e sono le icone di una zona industriale ormai in pasto alla più totale decadenza, parte di un’area urbana che sembrava e sembra arresa a una decrescita sempre più lesta e prevaricante. A tale condizione precaria era pronta a porre rimedio nel 2009 l’amministrazione municipale che, dopo aver preso il posto del consorzio Asi Valpescara, si impegnò per far sì che fossero avviati importanti interventi di riqualificazione per un importo stimato di circa 300 milioni di euro. Ovviamente, un ruolo importante era destinato a giocarlo l’ormai leggendario ex zuccherificio, di cui il proprietario, Carlo Toto, aveva proposto al Comune un investimento da 200 milioni di euro per dare vita a una cittadella del divertimento con alberghi, negozi, piscine e parcheggi di scambio.
L’opportunità era chiaramente ghiotta e la corsa alla valorizzazione del luogo divenne una vera e propria arringa, proponendo addirittura tre progetti presentati dalle ditte Alitec e Revi. Il progetto prometteva grandi risultati, offrendo all’intera città una possibilità di positiva svolta urbana ed economica.
Ma, nonostante l’imprescindibile fusione di forze, le indispensabili dispendiose operazioni di bonifica attorno alle sponde fluviali (gravate da non indifferenti problemi di inquinamento industriale) che sarebbero state finanziate grazie a diversi privati (disposti a farsi carico di eccezionali opere di urbanizzazione, come la realizzazione di nuove strade, parcheggi, piazze e un parco pubblico più grande della villa comunale) e la ratifica di due accordi di programma tra la Provincia e il Comune di Chieti ( il primo sulla riqualificazione delle aree dismesse e il secondo sull’individuazione di nuove zone artigianali in aree di espansione che muovono a ovest della città verso Brecciarola e Manoppello e a est verso Via Masci e il “Levante”), il progetto presentato dall’Imprenditore Carlo Toto è rimasto praticamente lettera morta e a distanza di oltre vent’anni dal primo tentativo di cambio di destinazione d’uso dell’area, arenatosi con gli avvisi di garanzia e i procedimenti penali della Tangentopoli teatina, l’area industriale di Chieti Scalo è ancora una zona fatiscente e in rovina con travi cadenti, siti dismessi ed edifici logori che continuano a fare da cornice al degrado e all’inefficienza che opprime la zona industriale, di cui l’ ex zuccherificio ne è l’emblema con le lussureggianti erbacce che ne sommergono le rovine che intanto si deteriorano inesorabilmente.
Sicuramente, l’onerosa bonifica del territorio necessaria per realizzare il progetto ha pesato e non poco a bloccare la realizzazione dell’opera della “cittadella” di Toto; infatti proprio il parere del Comitato di Coordinamento Regionale per la valutazione di impatto ambientale in seno alla “Direzione Affari della Presidenza, Politiche Legislative e Comunitarie, Programmazione, Parchi, Territorio, Valutazioni ambientali, Energia” della Giunta Regionale Abruzzese ha deciso col giudizio n. 1705 del 15 marzo 2011 di sospendere il progetto “al fine di chiarire con maggiore dettaglio la compatibilità con il Piano Regionale Paesistico “
Pertanto, la cittadinanza, preoccupata per le sorti dello sviluppo futuro della città di Chieti, si chiede: che fine farà l’area dell’ex Zuccherificio? Cosa c’è sotto la vicenda della riqualificazione dell’ex Zuccherificio di Chieti Scalo che da oltre venti anni si trascina avanti senza una conclusione positiva? Che fine faranno i progetti di riqualificazione delle aree dismesse della zona industriale di Chieti?
TRATTO DA WWW.CENSORINOTEATINO.BLOGSPOT.IT