Riceviamo e pubblichiamo l’intervento dell’associazione culturale “Farindola International Arts Festival” che indica i punti sui cui ripartire e far ripartire il paese di Farindola dopo la tragedia dell’hotel Rigopiano.
Per voi che siete alla ricerca di calorosità, buon cibo e panorami mozzafiato, Farindola è il posto che almeno una volta nella vita dovete visitare. Da sempre questo posto è ricordato come un angolo di paradiso, come un paese idilliaco abitato da gente con gran cuore, le porte delle case sono sempre aperte per ospitare, con grande calorosità, chi ha deciso di omaggiare questa terra con la propria visita. È un posto dove le tradizioni sono rimaste ben radicate anche nell’ideologia che pian piano si sta evolvendo, un posto dove la tradizione è il motivo di progresso, è il motivo per ricordare e continuare a vivere con grande dignità. Quando si parla di tradizioni, in un paese ai piedi della montagna, non si può non affiancarle alla buona cucina. E’ noto che la gastronomia abruzzese sia una delle migliori al mondo e questo paradiso esemplifica alla perfezione questa ideologia che sta diventando universale. Arrosticini, il famoso pecorino di Farindola conosciuto a livello mondiale, la pasta fatta in casa delle nonne, miele e buon vino; sono queste le prelibatezze culinarie che onorano questo posto meraviglioso immerso nei suggestivi colori delle montagne e delle colline che fanno da sfondo ad una piccola comunità. Posto ideale per passare intere giornate immersi in un ambiente naturale e fiabesco, adatto per rilassarsi, creare e stare insieme alle persone più care nella totale tranquillità. Avvolto in questa magica e surreale tranquillità, nascosto tra le vette delle montagne e tra i magnifici e regali boschi di Rigopiano, era custodito il più prezioso gioiello che per Farindola rappresentava il tutto, l’unico posto che poteva stimolare uno sviluppo sostenibile, sociale ed economico: l’hotel Rigopiano. E’ il Frutto di un lavoro maestoso nato dal sudore di un maestro di vita, Roberto Del Rosso designer pescarese che ha creduto fermamente nelle risorse e nelle potenzialità che la nostra terra ha da offrire. La struttura, diventata un hotel a quattro stelle, nasceva fiera sulle fondamenta di un antico rifugio alpino degli anni ‘30. Camere lussuose, personale qualificato, accoglienza unica erano le caratteristiche motrici di tale rarità. Questo gioiello custodiva in sé un altro piccolo diamante, una SPA diventata una delle migliori d’Europa, una piscina riscaldata dove, accompagnati dalla soffice neve d’inverno, quei pensieri e problemi che la routine della vita ti spinge ad affrontare venivano soffocati. Un hotel unico, incantevole che veramente onorava e vegliava questa magica atmosfera che ci circonda. L’unico posto in cui lusso e tradizione si univano nel completo rispetto della natura. Gli abitanti di questo posto devono tanto alla natura, devono tanto a questa forza generatrice che da sempre è parte di essi.
Etimologicamente la parola natura, derivante dal futuro del verbo latino – nasci – , ha un significato fondamentale per questa comunità tanto legata e forse debitrice nei confronti di essa; natura significa ‘ciò che sta per nascere’ e quale definizione, può più di questa, essere accolta da una realtà dove la natura è alla base di tutto?
Storicamente la natura è sempre stata venerata e spesso, principalmente nella cultura greca, ‘personificata’ nell’immagine di una divinità, Dioniso, dio della natura. È doveroso, però, presentare anche il lato oscuro della medaglia; Dioniso è visto non solo come il dio della natura, di questa forza generatrice, di ‘tutto ciò che sta per nascere’, ma i riti a lui legati sono anche l’estensione, in senso drammatico, delle famose tragedie greche. Ed è stato così che, da un giorno all’altro, la natura, tanto venerata dalla storia e dalla gente di Farindola, si è ribellata ad essa, in un secondo la sua forza generatrice si è trasformata in forza distruttrice e l’allegria, che da sempre accompagnava questa felice comunità, ha lasciato il posto al buio, alla tristezza, alle lacrime e ad una sofferenza inaudita. La tanto amata natura si è ribellata mostrando il suo lato oscuro: la natura è diventata maligna.
Era il 18 gennaio 2017, un giorno d’inverno apparentemente come tanti altri nevicava ormai ininterrottamente da diversi giorni. La neve raggiungeva un metro, la corrente elettrica era saltata. Era bello vedere i bambini che felici che le scuole erano chiuse, giocavano con tanta allegria lungo le strade del paese, ma ad un tratto quel giorno, inizialmente grazioso, ovattato e rischiarato da una grande allegria, si stava trasformando in uno dei giorni più catastrofici per la storia di Farindola. Il gigante che governa le viscere della terra ha deciso di risvegliarsi nuovamente, era da agosto che il suo sonno spesso si interrompeva disturbando a sua volta il sonno di quelle piccole comunità dimenticate da tutti. La terra trema, non una, ben quattro volte, l’allegria si spegne e prendono piede l’ansia e la paura, ma da un lato anche la rassegnazione dovuta dai disagi causati da quella neve tanto amata. Le voci dei bambini si spengono e ad un tratto vengono sostituite dal rumore di elicotteri che ininterrottamente venivano ed andavano; tutti avevano capito che qualcosa di grave era successo. La notte nel frattempo era calata, erano poco dopo le 18, e le prime voci cominciarono a girare. Dovevamo basarci sulle voci perché isolati da tutto e da tutti e perché ancora una volta dimenticati da quelle istituzioni che dicono di volerci rappresentare. Si parlava di una slavina, una slavina molto pesante che contro ogni aspettativa si era abbattuta sull’Hotel Rigopiano, il gioiello di Farindola. L’incredulità si leggeva sul viso di tutti, era impossibile che una slavina si fosse schiantata contro quella struttura che da anni era li. In quei giorni sentendo i racconti degli anziani, che in questa bellissima terra da sempre hanno vissuto, l’incredulità cresceva in maniera esponenziale, mai una valanga era stata in quel posto, lo testimoniano gli anziani, lo testimoniano faggi secolari che lungo quel canale si erigevano fieri di essere li. Pian piano quello che sembrava un incubo ha cominciato ad assumere le sembianze di un’amara realtà. siamo stati immediatamente invasi da giornalisti, pronti come sciacalli a testimoniare il falso e strumentalizzare il dolore di una piccola comunità dimenticata e ormai in ginocchio. Sempre pronti, ancorati nella piazza che era diventata per la comunità il luogo di ritrovo per sperare che tutto si sarebbe risolto nel miglior modo possibile e il più presto possibile, loro lì, con le telecamere pronti a riprendere quei momenti di dolore indimenticabili per noi. Prima che tutto fosse finito erano già uscite innumerevoli polemiche infondate che si accanivano contro il sindaco, contro la comunità, contro persone che sotto quella valanga erano ancora sepolti e nessuno sapeva se fossero riusciti a sopravvivere a quell’inferno che si era calato sul paradiso.
Il gioco mediatico dei giornalisti ha spostato l’attenzione del popolo italiano dal problema di fondo. Questa esperienza tragica è stata strumentalizzata in modo del tutto sbagliato. Ciò dovrebbe insegnare a capire che, la fatale realtà che ha colpito la nostra comunità, non è il risultato di abusivismo o incompetenze dell’amministrazione comunale, ma dovrebbe essere una denuncia che metta al corrente l’Italia che i paesi montani e i piccoli centri sono spesso, o quasi sempre, messi in secondo piano. Facciamo emergere dunque la verità e ‘utilizziamo’ questa caso specifico per denunciare un problema generale che affligge l’intera nazione. È ancora presto per addossare responsabilità ai presunti colpevoli, ma una cosa è certa: è molto più facile scaricare le colpe sul più piccolo tassello ,il comune, della macchina organizzativa tanto vantata dallo Stato, regioni e province. In un sistema dove lo “stato è assente e criminale” è numericamente più conveniente accettare il declassamento di una piccola realtà piuttosto che di un centro di potere politico ed economico rappresentato da provincia e regione.
Alla luce delle ultime vicende la voglia di rinascere è tanta e non abbiamo intenzione di fermarci. Stiamo già lavorando su diversi progetti, che risultano essere complementari con quelli già avviati. Abbiamo già fatto vedere la bellezza della nostra terra a decine di artisti internazionali attraverso il “Farindola International Arts Festival” negli ultimi tre anni e continueremo su questa strada, perché la bellezza della nostra terra è immortale e permane anche dopo questa tragedia. La calorosità della nostra amata comunità, la voglia di rinascere delle persone e la grande attività delle associazioni che ogni anno si impegnano sul nostro territorio si presentano come la nostra ancora di salvezza, una sorta di deus ex machina tipico della tragedia greca, un Dio che si cala sulla scena cercando di ripristinare la situazione di equilibrio iniziale. Crediamo e ce la metteremo tutta per far si che Farindola torni a brillare come prima, più di prima.