Nell’accordo Cirsu si impegnava al pagamento di due milioni e mezzo di euro verso AIA a fronte dell’uscita da parte di questa da Sogesa e della rinuncia di qualsiasi contenzioso presente e futuro con Cirsu. Accordo che però si sarebbe dovuto perfezionare entro il 31 luglio, con una fidejussione per i due milioni e mezzo da parte di Cirsu e con la previsione di una penale di 500 mila euro che il consorzio avrebbe dovuto pagare se l’accordo non fosse stato perfezionato entro tale data.
Che cosa succederà adesso? Difficile dirlo. La decisione di AIA, arrivata circa due mesi dopo la scadenza naturale dell’intesa di luglio, era nell’aria. Abruzzo Igiene Ambiente chiederebbe che anche i sei comuni soci garantiscano la fidejussione sui due milioni e mezzo, condizione ritenuta pressochè impossibile viste alcune norme sulle partecipate pubbliche e visto lo stato esangue delle varie casse comunali. Andrea Ziruolo, presidente del Cirsu, parla di “proposte in linea di quando chiesto da AIA” e di “trattative interrotte”. Lunedì dovrebbero ripartire i round negoziali del cda del consorzio, da una parte con le banche, per riuscire a trovare linee di credito fresche, e dall’altra con i sindaci, la cui volontà politica di sostenere o meno il Cirsu sarà fondamentale. Sulla testa del travagliato consorzio rimangono i vari contenziosi fatti partire da Sogesa contro Cirsu, su tutti l’istanza di fallimento e la richiesta di immediata esecutività di alcuni decreti ingiuntivi. Sullo sfondo la discarica di Grasciano 2, mezzo milioni di metri cubi che significherebbero la salvezza per un Abruzzo ad un passo dall’emergenza rifiuti (a marzo tutte le discariche della nostra regione saranno colme, dicono i tecnici regionali), e la ripartenza dell’impianto di trattamento di Grasciano, vero cuore pulsante oggi fermo da circa due anni, che eviterebbe al teramano il “turismo dei rifiuti”.
Questione calda, caldissima, dunque. Tra discarica, impianti e appalti vari, il polo tecnologico di Grasciano farebbe girare in cinque anni una cifra vicina ai cento milioni di euro. Tanto, troppo, perchè la questione possa essere decisa sulle scrivanie di sei sindaci.