Il giro d’interviste di Gocce di Verità continua. Per capire se ambiente ed energia possano convivere pacificamente anche sul territorio abruzzese, abbiamo intervistato alcuni dei massimi esperti italiani sui temi dell’energia e del rispetto dell’ambiente: il Professor Alberto Clô, direttore responsabile della Rivista Energia ed ex Ministro dell’Industria, supportato dal Dottor Mattia Santori, e il Dottor Edoardo Zanchini, Vice Presidente di Legambiente.
In Italia e in Abruzzo, molti progetti industriali (inceneritori, impianti di produzione energetici sia da fonti rinnovabili che da fonti “classiche”, TAP, TAV, infrastrutture) vengono contestati da movimenti ambientalisti e popolazione. Quali sono le motivazioni di queste proteste? Disinformazione, strumentalizzazioni politiche o l’Italia non è ancora pronta ad strutturata accogliere questo genere di opere?
Professor Clô e Dottor Santori: Le due cause che impediscono in Italia (e altrove) un confronto ed un dibattito serio circa la politica infrastrutturale e industriale sono, da una parte, la scarsa fiducia nelle istituzioni, quindi nei confronti di chi è tenuto a prendere decisioni nell’interesse generale e sorvegliarne la realizzazione; dall’altra l’arroganza talora dei soggetti industriali interessati che, pensando che il silenzio e la scarsa informazione siano la miglior strategia comunicativa, consentono, di fatto, il proliferare di leggende e falsi miti sui media e sul variegato popolo dei social network. E’ successo così che legittimi, pur se spesso infondati, timori dei cittadini si siano inculcati nell’immaginario collettivo, influenzando una politica locale più attenta al tornaconto elettorale che ai reali bisogni di lungo termine della comunità. Esiste inoltre un profondo problema di matrice culturale i particolare per quanto riguarda il dibattito energetico, che in Italia è ultimamente schiavo di tornaconti elettorali e consensuali. E’ facile capirne la radice: prende più voti chi parla a favore o contro il petrolio? Conquista più firme chi è a favore o contro il nucleare? Eppure la comunità scientifica non si è mai schierata a priori contro alcuna di queste fonti.
Dottor Zanchini: Alla base delle tante e diffuse proteste che contraddistinguono i progetti delle opere nel territorio italiano sono due ragioni fondamentali. La prima riguarda i progetti, che troppo spesso sono di mediocre qualità, con studi ambientali inadeguati e rispetto ai quali non è previsto alcun passaggio di confronto trasparente con il territorio in termini di informazioni. Negli altri Paesi europei la valutazione ambientale è una cosa seria e non ci si nasconde rispetto ai territori, il miglior esempio è la Francia che prevede per tutte le opere di una certa dimensione un Dibattito Pubblico, dove una figura garante consente di gestire la partecipazione e informazione. La seconda ragione è la totale assenza di qualsiasi scenario di riferimento rispetto ai progetti. Da anni viene sostenuto che l’importante è realizzare infrastrutture, non importa quali, l’importante è che qualcosa si muova. In questo modo si portano avanti decine di progetti di rigassificatori, centinaia di strade e autostrade, migliaia energetici senza che vi sia alcuna coerenza.
Uno dei principali motivi di protesta contro l’industria petrolifera è la sua presunta pericolosità, soprattutto per quanto riguarda i progetti offshore. Negli ultimi decenni, in considerazione delle attività estrattive eseguite al largo di alcune regioni italiane (come l’Abruzzo), quanti e quali incidenti si sono registrati nel Mediterraneo?
Professor Clô e Dottor Santori: L’unico evento di cui si abbia memoria risale all’incendio della piattaforma Paguro nel 1965. Tuttavia in Italia va di moda ipotizzare disastri come quelli del Golfo del Messico non sapendo che nei nostri mari si opera a 20 metri di profondità contro gli oltre 1500 di profondità di quell’area, con difficoltà tecniche che da noi non esistono. I veri responsabili dell’inquinamento del Mediterraneo sono da ricercare tra chi gestisce i depuratori e chi effettua giornalmente scarichi illegali, non tra coloro che nel Mediterraneo hanno dimostrato di saper operare nel rispetto dell’ecosistema e di normative severissime.
Dottor Zanchini: Intanto stiamo parlando di prelievi che sono in progressivo calo. Ma vogliamo essere chiari, senza citare gli incidenti a livello internazionale avvenuti nel trasporto e nell’estrazione di idrocarburi. In un mare come il Mediterraneo, per la sua complessità e delicatezza ambientale, il gioco non vale la candela. Questo tipo di tesi poteva andare bene 20 anni fa, ma in un momento in cui il mondo si muove verso una transizione fuori dalle fossili, con opportunità concrete di cambiamento insistere sul petrolio è una scelta fuori dal tempo e che non è nell’interesse dell’Italia
Aspirina, maschere per l’ossigeno, siringhe, computer e telefoni sono solo alcuni esempi di oggetti di uso comune che derivano dagli idrocarburi. Secondo lei, le energie rinnovabili sono già pronte a sostituire completamente i prodotti derivanti dallo sfruttamento delle fonti fossili?
Professor Clô e Dottor Santori: I derivati del petrolio alimentano i mezzi di trasporto, il gas riscalda le nostre abitazioni o fa funzionare le nostre imprese, il fotovoltaico genera elettricità o ricarica i nostri telefonini. Nessuno è disposto a rinunciare a nessuna di queste funzioni. Nessuna fonte rinnovabile è in grado di sostituire quelle fossili nell’interezza dei loro apporti. E nell’immediato futuro le cose non cambieranno. Le stime ci dicono che nel 2035 l’80% della domanda energetica globale sarà ancora soddisfatta da fonti fossili. Questo dimostra che ci vorrà molto tempo prima di considerarle superate anche se, fortunatamente, il gas (meno inquinante) avrà un ruolo sempre maggiore. Non si tratta di complotto o di accordi segreti, la storia degli ultimi secoli dimostra come ogni cambiamento energetico strutturale richieda decine di anni. E il calo dei prezzi del petrolio non farà altro che allungare l’era delle fonti fossili. Non è un caso che i paesi più avanzati nella ricerca di energie alternative e biocarburanti (USA, Norvegia, Brasile, Cina) siano al contempo i principali protagonisti di una rinascita dell’industria Oil&Gas.
Dott. Zanchini: Nessuno pensa che dall’oggi al domani si possa cancellare un economia costruita intorno al petrolio. Però ci sono due strade che stanno producendo risultati significativi. La prima riguarda il recupero di materie prime, attraverso filiere di raccolta differenziata che stanno dando risultati sempre più importanti. La seconda riguarda le prospettive della chimica verde, che oggi vedono da un lato attori industriali importanti in campo, come Novamont e Eni, e dall’altra una ricerca applicata e cantieri in corso sui biocombustibili di seconda generazione che stanno aprendo le porte alla creazione di vere e proprie bioraffinerie, con prospettive che appaiono di grande interesse. E’ dentro questa prospettiva che va letta l’uscita dalle fonti fossili.
Diego Vitali blogger goccediverità.it