Chieti. Raffaele, “Lello”, Di Vito è uno dei volti “nuovi” della Proger Chieti. Neefrologo di chiara fama e, da giugno, pensionato felice, ricoprirà nella stagione entrante il ruolo di medico sociale delle Furie. Appassionato sportivo e viscerale tifoso da sempre della Pallacanestro Chieti, il “Doc” non nasconde tutta il suo entusiasmo per questa nuova avventura.
”Il 4 ottobre, prima giornata di campionato, nel momento esatto che sarò in panca con il coach e la squadra, per me si avvererà un sogno. Amo la città di Chieti in modo assoluto e di conseguenza rappresentare i colori del basket teatino è per me il coronamento ad un’aspirazione mai celata. Ho visto tantissima pallacanestro nella mia vita e finalmente, dopo una breve e poco fortunata esperienza da ragazzino negli allievi della Stella Azzurra Chieti, torno all’interno del rettangolo di gioco. Sarà un’emozione forte”.
Attento a non vestire troppo i panni del tifoso in panchina, gli arbitri non ti accetterebbero in questa veste.
“Prometto la massima compostezza o almeno me la auguro. Spero di riuscire a domare l’anima del tifoso e a far prevalere la mia professionalità di medico a sostegno dei ragazzi.”.
Ci sarà, rispetto alla scorsa stagione, una riorganizzazione dell’area medico-sanitaria?
“Credo molto nel lavoro di staff e insieme al fisioterapista Stefano Tatasciore e ai preparatori Dante Falasca e Antonino Lusi intendo lavorare in un processo continuo di monitoraggio e prevenzione. La qualità del nostro staff è di primo livello e a questo si aggiunga che avremo la fortuna di avvalerci anche della collaborazione del Prof. Vittorio Calvisi, ortopedico di chiarissima fama che ci supporterà nell’ambito dell’infortunistica. Ci sono, insomma, tutti i presupposti per lavorare bene e dare un sostegno importante alla squadra”.
Oggi, rispetto al passato, cosa è cambiato nel ruolo di medico sociale?
“Tanto, tantissimo. Oggi le competenze di un medico che si occupa della salute degli sportivi devono allargarsi in ambiti ben più ampi e diversificati. La complessità di questo ruolo ti obbliga a spaziare anche in settori fino a qualche anno fa del tutto ignorati. Un esempio che può dare un’idea precisa di questa aumentata complessità è quello che si riferisce al campo della dietologia. Oggi si vince e si perde grazie a dettagli e l’alimentazione degli atleti è diventata decisiva o quasi nel mantenimento dello stato di forma degli atleti. Ormai la “leggendaria” fetta di crostata è soltanto uno sbiadito e coreografico ricordo e i giocatori dentro e fuori dalle partite vanno sostenuti continuamente in questo ambito”
Chi sono i soggetti più difficili da trattare?
Di sicuro gli americani, i quali spesso si alimentano in modo disordinato e ipercalorico. Non è facile cambiare le loro abitudini ma, ripeto, ci vuole massima attenzione in questo ambito perché le partite spesso si vincono o si perdono già a tavola. ”
Oltre alle competenze professionali quali altre qualità deve avere un buon medico sportivo?
“Credo solo una. Deve essere un buon psicologo, deve saper leggere dietro i comportamenti quei sintomi del malessere che influenzano le capacità fisiche ed atletiche dei giocatori. Testa e gambe devono essere in equilibrio, purtroppo se c’è qualcosa che s’insinua e mina la fiducia del giocatore anche il suo rendimento ne sarà influenzato. Saffold è stato nella scorsa stagione un esempio lampante di un disequilibrio che alla fine ha compromesso del tutto le prestazioni in campo di un atleta di buon livello”.
Per concludere la nostra chiacchierata, ridiamo spazio alla tua anima di tifoso. Due domande secche, per due risposte telegrafiche. Su quale giocatore punti? Chi sarà la sorpresa?
Punto sul giovane Vedovato, nel quale vedo enormi margini di miglioramento. La sorpresa sarà Piazza, play tutta sostanza e concretezza.