Abruzzo: crediamo ancora alle favole?

A cosa pensiamo quando diciamo “natura”? Alle montagne verdi e incontaminate di Heidi, al mare azzurro e trasparente dei Caraibi, a vaste praterie piene di fiori e di vita. E a cosa pensiamo invece quando diciamo “industria”? Probabilmente a costruzioni nere di fumo e di grasso, officine buie e maleodoranti, scarichi inquinanti e prodotti chimici mortali.
Possono convivere il mondo della verde e incontaminata natura con quello nero e tossico dell’industria? Ovviamente no, subito pensiamo, e lo pensa anche Maria Rita D’Orsogna, che ha scritto un post molto caustico, in risposta ad alcune dichiarazioni del presidente di Confindustria L’Aquila, Fabio Spinosa Pingue, il quale affermava che fosse necessario aprire all’industria petrolchimica, per favorire investimenti da 15 miliardi di euro e la creazione di nuovi posti di lavoro. Secondo Spinosa Pingue è possibile avere il petrolio green, perché non tutte le aziende che lavorano nel settore sono criminali, ed esiste il rispetto delle leggi e dell’ambiente. I due mondi, insomma, possono convivere se solo lo si vuole.

La D’Orsogna, celebre blogger ambientalista molto interessata ai destini dell’Abruzzo, ha risposto così: “Petrolio green – certo basta crederci! Ma in che modo facciamo il petrolio verde? La monnezza è meno monnezza? Il cancro è meno cancro? Le ciminiere e i fumi li dipingiamo di verde? Oppure in mezzo agli oli ci mettiamo cilantro e basilico a coprire la puzza?”
Insomma, la risposta è chiara: petrolio e natura sono come il diavolo e l’acqua santa, non c’è niente da fare.

Peccato che il signor Spinosa Pingue non sia il solito petroliere cattivo e privo di scrupoli, ma un imprenditore nell’agricoltura e nella pastorizia, uno che conosce bene l’ambiente dell’Abruzzo e la sua natura. E non è disposto a credere alle favole.
Scrive in un articolo pubblicato su Il Centro: “Come lei sogno il mondo di Heidi e di Fiocco. Forse più di lei, perché io la terra la frequento veramente ogni giorno e ne conosco le virtù ma anche le crudeltà. (…) Chi ha dimestichezza con l’agricoltura sa bene che il mondo fiabesco non è mai esistito, neanche prima della rivoluzione industriale”. Come ricorda Pingue, le deiezioni dei suini sono pericolosissime per l’ambiente e le falde acquifere, il gas emesso dai bovini inquina l’atmosfera, e così via: la natura è un fenomeno complesso, che va studiato e conosciuto, senza fondamentalismi.

Partendo da questo punto di vista, continua Fabio Spinosa Pingue, si deve cercare di far dialogare il mondo dell’impresa con quello degli ambientalisti, superando le barricate: “Se solo i territori si mostrassero capaci di dialogare costruttivamente con la politica nazionale e i settori produttivi, si potrebbero ottenere più garanzie da parte dei primi e più benefici da parte di quelle imprese serie che non vogliono calare dall’alto il proprio volere, ma vogliono lavorare nel rispetto delle leggi”.
Ripeto: queste parole non provengono da un petroliere che ha tutto l’interesse a far prevalere il proprio punto di vista, ma da un imprenditore che non è parte in causa nel dibattito “petrolio sì, petrolio no”, e che anzi ha quanto mai la volontà di tutelare l’ambiente, perché da lì viene la sua ricchezza.

Superare le contrapposizioni sterili, confrontarsi intorno a un tavolo e parlare. Politica, imprenditori, cittadini. Tutti insieme, perché l’ambiente è di tutti e tutti ne sono responsabili. Basta con gli stereotipi sterili dei “petrolieri inquinatori” contro gli “ambientalisti santi”, perché è ora di uscire da questi cliché.
Come ricorda Spinosa Pingue, qui non siamo nel mondo di Heidi, “Qui siamo nel mondo reale”.

Diego Vitali blogger gocce di verità

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