Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano: a spasso tra i paesi a raggiera

parco_cilentoPaesi a raggiera, a grappolo, arroccati ne esibisce parecchi il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano (Sa). Una pleiade, sorti a ridosso di monasteri e castelli, prima sommessamente poi in modo sfacciato per difesa contro gli assalti barbareschi in un’epoca di epidemie e lumi ad olio, di sconfinamenti e briganti.

Nel salernitano la cifra stilistica dei centri urbani è affidata alla loro storia movimentata o al loro aspetto; in alcuni casi a tutti e due.

L’Alto Cilento esibisce una storia a parte, quasi figlia di un Dio minore.

Laurino è una epifania sia come storia sia come look.

Poco importa che si affronti la salita per raggiungerlo da Felitto o da Piaggine: il paese appare comunque assiso su di un trono di roccia, con le case abbarbicate come rampicanti ad un costone di montagna.

Il paese si offre in tutto il suo fascino che rimanda a tempi remoti qualche il Signore del Feudo si chiamava Carafa.

Erto a 531 metri sul livello del mare, Laurino appare sfacciatamente corteggiato da una cornice di montagne alle quali si alternano gole spettacolari in un giuoco di contrasti.

Dominio dei Sanseverino Principi di Salerno, il borgo fu custodito da torri e mura e fortificato su tutti i lati, eccetto da una parte dove uno strapiombo la difendeva naturalmente.

Tre porte, ora dirute, consentivano l’accesso al paese: a sud-ovest quella di San Benedetto o dei monaci, più comunemente detta ‘Zippi’, termine dialettale che significa punto oltre il quale non si può più andare; a nord-ovest quella della ‘Ghiaia’ o di San Domenico da cui, proseguendo, si incontrava una porta secondaria, praticamente un corpo avanzato di difesa al di fuori dei merli, detta perciò ‘Posterla’ da ‘Post-Merla’, accesso visibile a tutt’oggi; ad est la terza ed ultima porta, detta ‘del foro’, che costituiva il principale accesso al paese.

All’interno di questa i Sanseverino avevano apposto il loro stemma a ricordo della ricostruzione che vi operarono dopo la distruzione del paese voluta da Federico II.

De resto il passato d’impronta medioevale è biglietto da visita e cifra stilistica del borgo.

In epoca feudale Laurino si crogiolava arroccato sulla rupe collinare staccatasi dal monte Cavallo, circondato da mura e torri con un castello sul suo punto più alto.

All’antico maniero, dimora prima dei principi Carafa, poi dei duchi Spinelli, si accede mediante un ingresso ancora oggi imponente, con un’ampia scalea, della quale resistono solo alcuni scalini di pietra.

Il grandioso portale apre la sua bocca dichiarando subito la sua identità, ruolo ed appartenenza: in alto campeggia lo stemma dei Duchi Spinelli, ultima potente famiglia a possederlo. Tra le sue mura si intrecciarono di certo intrighi e congiure, si consumarono tradimenti e passioni.

Il castello, poi divenuto palazzo, non è l’unica gemma del paese cilentano.

La Chiesa madre, detta della Collegiata, sorge a poche centinaia di metri.

Più che per i pregi architettonici, invero modesti, il luogo di culto si segnala per la moltitudine di opere d’arte notevolissime al suo interno; per esempio il coro ligneo scolpito alle spalle dell’altare che è un cammeo scolpito da abili mani, votate a rappresentare un bestiario intero, animali dalle teste irsute,figli della notte. E, poi un retablo possente, esibito dietro l’altare maggiore, che con un colore rosso corallo anima la navata principale. Sulla destra riccamente affrescato, un cappellone del Rosario vero e proprio tripudio di meraviglie e stupori barocchi.

Ma di meraviglie Laurino tra le montagne non è avara. Basta decidere di trascorrerci almeno un fine settimana.

Con buone pace del mare di Palinuro ad un tiro di schioppo.

 

Mariantonietta Sorrentino

 


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