I suggerimenti del Garante privacy per difenderci dai Deepfake

I deepfake sono foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale (AI) che, partendo da contenuti reali (immagini e audio), riescono a modificare  o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce.

La parola deepfake è un neologismo nato dalla fusione dei termini “fake” (falso) e “deep learning”, una particolare tecnologia di intelligenza artificiale. Le tecniche usate dai deepfake sono simili a quelle delle varie app con cui ci si può divertire a modificare la morfologia del volto, a invecchiarlo, a fargli cambiare sesso, ecc. La materia di partenza sono sempre i veri volti, i veri corpi e le vere voci delle persone, trasformati però in “falsi” digitali.

Le tecnologie deepfake, sviluppate come ausilio agli effetti speciali cinematografici, erano inizialmente molto costose e poco diffuse. Ma negli ultimi tempi hanno iniziato a diffondersi app e software che rendono possibile realizzare deepfake, anche molto ben elaborati e sofisticati, utilizzando un comune smartphone. La diffusione dei deepfakeè di conseguenza notevolmente aumentata, e con essai rischi connessi.

Quella realizzata con i deepfake è una forma particolarmente grave di furto di identità.

Le persone che compaiono in un deepfake a loro insaputa non solo subiscono una perdita di controllo sulla loro immagine, ma sono private anche del controllo sulle loro idee e sui loro pensieri, che possono essere travisati in base ai discorsi e ai comportamenti falsi che esprimono nei video.

Le persone presenti nei deepfake potrebbero inoltre essere rappresentate in luoghi o contesti o con persone che non hanno mai frequentato o che non frequenterebbero mai, oppure in situazioni che potrebbero apparire compromettenti.

In sostanza, quindi, un deepfake può ricostruire contesti e situazioni mai effettivamente avvenuti e, se ciò non è voluto dai diretti interessati, può rappresentare una grave minaccia per la riservatezza e la dignità delle persone.

 

In particolari tipologie di deepfake, dette deepnude, persone ignare possono essere rappresentate nude, in pose discinte, situazioni compromettenti (ad esempio, a letto con presunti amanti) o addirittura in contesti pornografici. Con la tecnologia del deepnude, infatti, i visi delle persone (compresi soggetti minori) possono essere “innestati”, utilizzando appositi software, sui corpi di altri soggetti, nudi o impegnati in pose o atti di natura esplicitamente sessuale.

E’ anche possibile prendere immagini di corpi vestiti e “spogliarli”, ricostruendo l’aspetto che avrebbe il corpo sotto gli indumenti e creando immagini altamente realistiche.

Inizialmente il fenomeno ha coinvolto personaggi famosi allo scopo di screditarli o ricattarli. Ma negli ultimi tempi, con la sempre maggiore diffusione di software che utilizzano questa tecnologia, il rischio coinvolge anche persone comuni, le quali possono diventare oggetto di azioni psicologicamente e socialmente molto dannose. Come, ad esempio, il “revenge porn”, cioè la condivisione online – a scopo di ricatto, denigrazione o vendetta, da parte di ex partner, amanti o spasimanti respinti – di foto e video a contenuto sessuale o addirittura pornografico, che, nel caso del deepnude, sono ovviamente falsi.

Video deepnude possono essere utilizzati, a totale insaputa dei soggetti rappresentati nelle immagini, anche per alimentare la pratica del sexting (cioè lo scambio e diffusione di immagini di nudo, che a volte coinvolge anche soggetti minori), la pornografia illegale e, purtroppo, anche reati gravissimi come la pedopornografia.

Deepfake e fake news

I deepfake possono riguardare politici o opinion leader, con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica. Video deepfake possono ad esempio essere mostrati o inviati agli elettori che simpatizzano per un determinato personaggio politico, rappresentandolo mentre compie azioni poco lecite o mentre si trova in situazioni sconvenienti, allo scopo di screditarlo ed influenzare le opinioni o il voto. In questo modo, i deepfake possono purtroppo contribuire alla diffusione di fake news e alla disinformazione.

Il deepfake può quindi arrivare a privare le persone della cosiddetta “autodeterminazione informativa” (“ciò che voglio far sapere di me lo decido io”), come pure ad incidere sulla loro libertà decisionale (“quello che penso e faccio è una scelta su cui gli altri non possono interferire”).

Volti e voci artefatti possono essere utilizzati per ingannare i sistemi di sicurezza basati su dati biometrici vocali e facciali.

Ad esempio, video o audio-messaggi deepfake creati da malintenzionati possono essere inviati ai nostri colleghi, amici o parenti per invitarli a cliccare su link o aprire allegati a messaggi che espongono pc, smartphone o altri dispositivi e sistemi a pericolose intrusioni, oppure per convincerli a fornire, ingannando la loro fiducia, informazioni e dati sensibili. Inoltre oggi molti sistemi digitali (domotica, assistenti vocali, smartphone, nonché alcuni sistemi bancari o sanitari) ricorrono a dati biometrici vocali e facciali come sistema di autenticazione per l’accesso. Video e audio-messaggi deepfake potrebbero essere utilizzati per ingannare tali sistemi.

Anche se al momento il livello avanzato delle tecnologie di sicurezza e la ancora relativa imprecisione dei deepfake stanno limitando questi fenomeni, l’attenzione deve essere comunque alta.

Le grandi imprese del digitale (piattaforme social media, motori di ricerca, ecc.) stanno già studiando e applicando delle metodologie per il contrasto al fenomeno, come algoritmi di intelligenza artificiale capaci di individuare i deepfake o sistemi per le segnalazioni da parte degli utenti, e stanno formando team specializzati nel monitoraggio e contrasto al deepfake. E le Autorità di protezione dei dati personali possono intervenire per prevenire e sanzionare le violazioni della normativa in materia di protezione dati.

Tuttavia, il primo e più efficace strumento di difesa è rappresentato sempre dalla responsabilità e dall’attenzione degli utenti. Ecco allora alcuni suggerimenti:

  • Evitare di diffondere in modo incontrollato immagini personali o dei propri cari. In particolare, se si postano immagini sui social media, è bene ricordare che le stesse potrebbero rimanere online per sempre o che, anche nel caso in cui si decida poi di cancellarle, qualcuno potrebbe già essersene appropriato.
  • Anche se non è semplice, si può imparare a riconoscere un deepfake. Ci sono elementi che aiutano: l’immagine può appare pixellata (cioè un pò“sgranata” o sfocata); gli occhi delle persone possono muoversi a volte in modo innaturale; la bocca può apparire deformata o troppo grande mentre la persona dice alcune cose; la luce e le ombre sul viso possono apparire anormali.
  • Se si ha il dubbio che un video o un audio siano un deepfake realizzato all’insaputa dell’interessato, occorre assolutamente evitare di condividerlo (per non moltiplicare il danno alle persone con la sua diffusione incontrollata). E si può magari decidere di segnalarlo come possibile falso alla piattaforma che lo ospita (ad esempio, un social media).
  • Se si ritiene che il deepfake sia stato utilizzato in modo da compiere un reato o una violazione della privacy, ci si può rivolgere, a seconda dei casi, alle autorità di polizia (ad esempio, alla Polizia postale) o al Garante per la protezione dei dati personali.

 

Maggiori info su: www.garanteprivacy.it

 

Avv. Luca Iadecola

Consulente privacy, Dpo

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