Abruzzo, Santa Croce diffida la Regione: ‘Autorizzi captazione dalla sorgente Fiuggino’

Canistro. La Santa Croce spa ha comunicato alla Regione Abruzzo e al Comune di Canistro che nei prossimi giorni darà esecuzione alla realizzazione di un collegamento idraulico per captare l’acqua minerale della sorgente Fiuggino, di cui detiene regolare concessione fino ad ottobre 2017, per imbottigliarla nello stabilimento di Piana Paduli (Isernia).

La comunicazione è contenuta nell’ennesima diffida inviata alla Regione e tesa a ottenere il via libera alla captazione dalla sorgente più piccola che è nell’ambito della più nota Sant’Antonio Sponga, “finora negato ingiustamente e senza motivi”, spiega il patron, Camillo Colella.

La Spa ha anche invitato la Regione e il Comune “di astenersi da qualsiasi atto che possa turbare il regolare sfruttamento della concessione mineraria”.

Nella diffida i legali della Spa mettono nero su bianco una minaccia di risarcimento di oltre 6 milioni di euro in caso di mancata possibilità di avviare l’attività estrattiva, legittima e in assenza di “motivi ostativi”.

In tal senso, sono in corso le pratiche legali per attivare le istanze contro l’ente e i dirigenti competenti. L’intimazione è stata recapitata con una lettera il 2 maggio scorso, a firma di Nicola Montanaro, amministratore unico della Santa Croce, società del gruppo dell’imprenditore Colella, e che a Canistro imbottigliava anche l’acqua della sorgente Sant’Antonio Sponga.

Una concessione poi revocata dalla Regione, a seguito di un ricorso vinto dal Comune, e riassegnata in via provvisoria con un nuovo bando a marzo 2017 alla Norda dei fratelli Pessina.

L’esito del bando è stato, però, impugnato dalla Italiana Beverage, altra società del gruppo Colella, arrivata seconda, ma al di sotto della soglia del punteggio minimo, quindi non in graduatoria per motivi ritenuti “non validi’ nel ricorso al Tar.

La società sorgente Santa Croce è titolare della concessione della sorgente Fiuggino dal 2007, e a seguito di proroghe, fino al 22 ottobre del 2017.

“Viviamo una situazione davvero molto grave – spiega Colella – Infatti, dopo che la Regione ci ha tolto illegittimamente la concessione, mirando a far chiudere l’azienda, ora ci nega il diritto a captare anche dalla Fiuggino portando avanti motivi assurdi e parziali, tipo il limitato tiraggio a loro dire insufficiente, sostituendosi alle libere scelte imprenditoriali di opportunità o meno dello sfruttamento della sorgente”.

“Tutto ciò mentre Asl e ministero non hanno riscontrato nessun tipo di problema. Ancora una volta – fa notare – i miei interessi sono fortemente lesi, come quelli sociali ed economici visto che, per quest’attività, avevo previsto una decina di assunzioni”.

La società, ai tempi titolare anche della sorgente Sant’Antonio Sponga, aveva comunicato il 12 dicembre 2008 la sospensione dell’attività di imbottigliamento dell’acqua della sorgente Fiuggino, e a tale richiesta non si è registrata alcuna contestazione o indicazione da parte della Regione, tenuto conto che la Santa Croce ha regolarmente versato il canone annuale.

Il 16 novembre 2016, dopo la restituzione alla Regione della sorgente Sant’Antonio-Sponga, la Santa Croce ha comunicato l’intenzione di riprendere l’attività nella sorgente Fiuggino, evidenziando la necessità di realizzare un collegamento idraulico dalla sorgente allo stabilimento.

La Regione, in tutta risposta, il 22 novembre ha contestato che la sorgente Fiuggino, “non è stata mai utilizzata e che non è mai stato corrisposto il canone proporzionale”, aggiungendo che “la sorgente Fiuggino era alimentata anche dalla sorgente Sponga, determinando una commistione di acque, che inficiava le analisi delle qualità oligominerali della Fiuggino”.

Il 25 novembre l’ente ha comunicato alla Santa Croce l’avvio di revoca della concessione, il 7 dicembre ha chiesto al ministero della Sanità di sospendere la validità del decreto di riconoscimento di tale acqua minerale, per la presunta commistione.

“Tutte contestazioni che sono cadute nel vuoto e si sono dimostrate essere prive di fondamento, ma che hanno creato un grande danno alla società – attacca ancora Colella – In particolare, dopo aver sospeso la validità del decreto, il ministero lo ha ripristinato sulla base delle risultanze di nuove analisi chimiche, fisiche e batteriologiche operate dal personale dell’Università Federico II di Napoli, che hanno dimostrato che quella della Fiuggino è acqua oligominerale”.

Ma per Colella “il calvario per la Santa Croce non si è concluso qui: nella visita ispettiva del 28 febbraio scorso la Regione, come si legge nel verbale, nell’effettuare le prove di portata al fine di accertare l’entità dell’acqua è stata rilevata una portata tra lo 0,20 e lo 0,25 litri al secondo, definita modesta”. E insufficiente per concedere il via libera all’imbottigliamento, a detta della Regione.

La Santa Croce contesta però anche tale risultato, in quanto la verifica della portata è stata condotta senza alcun rigore scientifico, e per di più con un singolo prelievo, nel periodo di massima “magra” della sorgente. E comunque le risultanze della Regione contrastano con le misurazioni effettuate dalla società, alla quale risulta una portata media ben superiore.

Nella diffida di inizio maggio, viene sottolineato che “seppure dovesse confermarsi la portata ‘modesta’, quantificata dalla Regione, il dato sarebbe comunque irrilevante, in quanto il provvedimento di concessione non prevede un limite minimo, ma solo un prelievo massimo di 3.600 litri ora. E non va dimenticato che la valutazione della convenienza dello sfruttamento della concessione è una scelta imprenditoriale di esclusiva pertinenza della Santa Croce, nell’ambito dell’iniziativa privata sancita dalla Costituzione italiana”.

La Santa Croce ribadisce, insomma, che è davvero singolare che la Regione abbia mosso tutti questi rilievi e contestazioni solo allorquando la società ha comunicato di voler riprendere le attività di sfruttamento.

Da qui anche la richiesta preventiva di danni: nel caso anche risultasse confermata la portata modesta, tra la fine di febbraio, in cui la società ha posto in essere tutti gli adempimenti per riprendere l’attività, e la scadenza del titolo, si configurerebbe un mancato incasso di 6 milioni di euro, visto che la società avrebbe potuto estrarre e imbottigliare 20,1 milioni di litri di acqua.

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