Teramo. “L’accorpamento basato su criteri meramente numerici delle Province con conseguente soppressione di alcune Province, secondo la recente proposta formulata dal ministro Patroni Griffi, genera delle assurdità evidenti”. È questa l’opinione del presidente della Provincia di Teramo Valter Catarra nel corso dell’assemblea nazionale Upi.
Secondo Catarra, infatti, tagliare le province di Teramo e Pescara, accorpandole rispettivamente con quelle dell’Aquila e Chieti, sarebbe “un’aberrazione per ovvie ragioni storiche, geografiche, territoriali e socio-economiche”. In altre parole, si andrebbero ad eliminare le due province che rappresentano il motore e il cuore pulsante dell’Abruzzo. “Ve lo immaginate – si chiede Catarra – il Comune di Teramo in provincia dell’Aquila o il Comune di Pescara in provincia di Chieti? Se un accorpamento è pure pensabile per l’area metropolitana Pescara-Chieti, appare del tutto improponibile per Teramo e L’Aquila”.
Ma non è tutto. Le anomalie non sarebbero, secondo Catarra, una tipicità abruzzese. La situazione si replicherebbe, infatti, anche in Italia. “In Emilia – spiega il presidente – potrà rinascere una sola Provincia sui territori di Parma e Piacenza, come ai tempi dei Papi Farnese. E in Toscana potrebbe sopravvivere una sola delle Province esistenti, quella di Firenze; fino al caso limite della provincia di Ascoli Piceno, prima divisa a metà per consentire la nascita di Fermo, e ora costretta a dissolversi perché non rispetta i parametri minimi di “sopravvivenza”. Dopo il decreto “salva Italia”, che ha già gettato province e territori nel caos e nella più totale incertezza, i tecnici ministeriali fanno dietrofront ma purtroppo imboccano ancora una volta un vicolo cieco, che è quello dei tagli draconiani fatti con l’accetta e facendo leva su parametri puramente numerici, senza tenere in minima considerazione il Paese reale, le sue dinamiche territoriali e socio-economiche. Gli accorpamenti impossibili creano dei “mostri” a tavolino, non certo degli enti efficienti e funzionali alle esigenze del territorio e del cittadino. Tra l’altro, riguardo a questa ipotesi il ministro Patroni Griffi, in sede di Assemblea nazionale dell’UPI in corso in questi giorni a Roma, non si è più dettagliatamente espresso, lasciando forse presagire una nuova marcia indietro. L’impressione è che, in assenza di ogni certezza sul futuro delle province, si stia navigando a vista”.
Nell’ottica di Catarra, dunque, l’unica riforma possibile, come ribadito anche all’assemblea, è quella tracciata dal piano presentato dalla stessa UPI. Con l’accorpamento delle Province, la riorganizzazione complessiva degli uffici territoriali del governo intorno alle nuove realtà provinciali, il taglio degli enti strumentali statali, regionali e degli enti locali sarebbero attesi risparmi certi stimati in circa 5 miliardi di euro l’anno (nel dettaglio: 2,5 miliardi dalla riorganizzazione degli uffici periferici dello Stato; 1,5 miliardi dalla cancellazione di società, consorzi ed enti strumentali; 1 miliardo dalla riduzione e dall’efficientamento delle Province).
“Questa l’unica via percorribile – conclude il presidente -. Le Province vanno riformate e non c’è alcuna levata aprioristica di scudi in tal senso, ma questo può e deve avvenire solo con l’apporto determinante delle stesse e nel quadro di una seria riforma delle istituzioni di area vasta, seguendo un percorso che non può che essere coerente con le norme costituzionali oltre che con le essenziali dinamiche dei territori.
Viceversa, a fronte di ipotetici e non ben quantificabili risparmi, di certo ci sarebbero solo il caos più totale, disagi nei servizi e costi fuori controllo: tutto quello che in questo momento proprio non possiamo permetterci”.