Lo hanno ribadito questa mattina in conferenza stampa Comitato per la Riserva Naturale Regionale del Borsacchio, Comitato Abruzzese Difesa Beni Comuni, Italia Nostra, Legambiente e WWF, precisando che “il nuovo perimetro, contrariamente a quanto dichiarato, è di 40 ettari inferiore a quello precedente ed ha tagliato vari chilometri di fascia costiera. In particolare:
– ha escluso aree di pregio naturalistico, come la Pineta Mazzarosa che è stata tagliata in due (una dentro e l’altra fuori dalla Riserva);
– ha escluso aree già interessate da una sentenza di condanna del Tribunale penale di Teramo con ordine di demolizione delle opere abusive realizzate;
– ha buttato via 230.000 euro spesi per il Piano di Assetto Naturalistico della Riserva, in quanto sarà necessario procedere alla predisposizione di un nuovo piano, essendo stato modificato il perimetro della Riserva in maniera sostanziale;
– ha escluso l’area di foce del Fiume Tordino, che deve essere invece tutelata e salvaguardata;
– ha escluso la foce del torrente Borsacchio, col risultato di creare la prima area protetta al mondo che non contiene al suo interno l’oggetto della sua tutela;
– ha aperto la strada ad ulteriori modifiche del perimetro della Riserva, poiché accontentando le pretestuose richieste di qualcuno, si è costituito un grave precedente che aprirà necessariamente la strada ad ulteriori concessioni;
– è stata depotenziata la tutela che i comuni di Giulianova e Roseto degli Abruzzi avevano contro la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, che, come ben noto, sono vietate all’interno delle aree protette e nei tratti di mare prospicienti fino a 12 miglia marine”.
Per gli ambientalisti “ci sono voluti tre anni di discussione in consiglio regionale per conseguire tale desolante risultato: i consiglieri regionali abruzzesi hanno discusso del taglio della Riserva del Borsacchio più di quanto abbiano fatto sul terremoto de L’Aquila. La Riserva del Borsacchio, fin dalla sua nascita, è sempre stata al centro dell’attenzione di alcuni consiglieri regionali: il massimo organo regionale, infatti, dalla legge istitutiva del 2005 fino all’ultima legge dello scorso 8 maggio, ha legiferato su questa area protetta ben 5 volte. Il tutto con un unico obiettivo: quello di non rendere operativa la Riserva del Borsacchio. Mentre il Consiglio regionale discuteva dove e come tagliare l’area protetta, i comuni di Giulianova e Roseto degli Abruzzi, nei cui territori è ricompresa la stessa, non hanno fatto nulla di quanto la legge imponeva loro (non hanno provveduto alla tabellazione dell’area; non hanno predisposto il piano di sviluppo sociale ed economico dell’area attraverso il progetto pilota di gestione finalizzato all’occupazione di disoccupati ed inoccupati; non hanno nominato l’organo di gestione; non hanno fatto approvare il Piano di Assetto Naturalistico della Riserva, PAN)”.
I comitati e le associazioni ambientaliste ritengono “del tutto pretestuose le ragioni che sono state utilizzate per tagliare la Riserva. In maniera strumentale si è anche voluto cavalcare il contratto di quartiere dell’Annunziata nel Comune di Giulianova. Un vero e proprio falso, dato che lo stesso Piano di Assetto Naturalistico, predisposto al costo di 230.00 euro e mai adottato, nelle sue norme tecniche di attuazione ha fatto salvi gli strumenti urbanistici vigenti, citando espressamente il contratto di quartiere dell’Annunziata. Per realizzare tale contratto di quartiere, invece di riperimetrare la Riserva, sarebbe stato sufficiente approvare il Piano di Assetto Naturalistico, eliminando la parte illegittima che proponeva nuovi insediamenti abitativi su 50.000 metri quadrati di superficie”.
In questi giorni, comitati ed associazioni stanno valutando tutte le strade per fermare la legge approvata alla Regione Abruzzo: “sono stati già evidenziati profili di sua incostituzionalità e sarà interessata l’Unione Europea perché il taglio della riserva compromette la tutela del fratino, uccello che nidifica sulla costa e che è protetto come l’aquila reale. Ma è certo che la riperimetrazione della Riserva non è stata solo una sconfitta degli ambientalisti, ma di tutta la gente abruzzese e dei comuni interessati che vedono il loro territorio sempre più compromesso e che non riescono a salvaguardare neppure le ultime aree non cementificate. E questa sconfitta è il risultato della miope azione di una classe politica e dirigente vecchia, capace di vedere l’ambiente solo come luogo da sfruttare e non come occasione di reale sviluppo”.