Ospedale Sant’Omero, Cigl invita i sindaci a riflettere sull’utilità della privatizzazione

ospedale_sant_omero_mediumSant’Omero. Un chiaro invito ai sindaci della Val Vibrata: riflettere e di non subire passivamente le decisioni della politica regionale sulla privatizzazione dell’ospedale di Sant’Omero.

E’ un pungolo quello che Antonio Macrillante, delegato della Cigl, fa agli amministratori pubblici dei vari comuni che gravitano nell’orbita della struttura sanitaria vibratiana, di fronte al progetto di aprire le porte ai privati. Il ragionamento della Cigl parte, inevitabilmente, da quelle che sono le vicissitudini giudiziarie, in materia di sanità, che hanno toccato la politica abruzzese. “ Siamo sconcertati”, si legge nella nota, che nonostante lo scandalo Sanitopoli e la vicenda che vede coinvolto l’assessore Venturoni, i sindaci della Val Vibrata, attraverso presidente dell’Unione dei Comuni, Alberto Pompizi, siano ancora convinti che affidare le sorti dell’ospedale di Sant’Omero ai privati sia la soluzione migliore. Sarebbe opportuno che gli amministratori della vallata riacquistassero un minimo senso di responsabilità e non accettassero passivamente tutto ciò che viene imposto dalla discutibile e troppo spesso vergognosa politica regionale”.  L’affondo del sindacato è, poi, tutto incentrato sul fatto che l’ospedale vibratiano, aperto nel 1985, e diventato negli anni successivi un modello della sanità abruzzese, ora è utilizzato solo per scopi definiti speculativi.  “Per noi l’ ospedale”, prosegue Macrillante,  “deve rimanere pubblico perché la popolazione ha diritto ad avere una risposta sanitaria plurale in cui non ci devono essere cittadini di serie A o di serie B in base al reddito. Troppe vicende accadute in Abruzzo devono far riflettere e cioè la sanità non può essere gestita da personaggi che guardano solo ed esclusivamente il profitto . La Val Vibrata non ha bisogno del “modello teramano “, come è stato definito da alcuni magistrati , per gestire la sanità ,ma ha bisogno di una buona organizzazione in cui si valorizzi quello che di buono è rimasto all’interno del presidio e si reintegri quelle professionalità che negli ultimi anni sono state costrette ,da chi gestisce quel “modello “, a fuggire e fare le fortune di altri ospedali”.

 

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