Teramo. Si è svolto all’Hotel degli Abruzzi l’incontro ‘Mio fratello il Che’ organizzato dalla CGIL di Teramo in occasione della festa di lavoratori del 1 Maggio. Il convegno, moderato dal professor Adolfo Braga, sociologo dell’Università di Teramo, ha racchiuso gli interventi del ProfessorAdolfo Noto, politologo dell’Ateneo di Teramo e dell’ ospite d’eccezione Juan Martin Guevara, fratello minore del comandante ormai emblema di rivoluzione ed idealismo Ernesto che Guevara.
“Tanti compagni e compagne sentono il bisogno di ritrovarsi intorno ad una figura che ha segnato la vita di tante donne e tanti uomini – ha dichiarato Alberto di Dario, segretario generale della CGIL di Teramo – Il Che ha incarnato per tante generazioni il sogno di un mondo migliore, di fronte alla storia gli uomini che si comportano come lui, gli uomini che danno se stessi per la causa degli ultimi, ingigantiscono ogni giorno che passa e radicano sempre più profondamente nel cuore degli uomini. Nel viaggio in motocicletta in Sud America compiuto nel 1952 il Che viene particolarmente colpito dalle condizioni in cui lavorano gli operai nella miniera di rame a cielo aperto più grande del mondo, così che e alla fine del suo viaggiare scrive ‘Io non sono più io…quel vagare senza meta pe la nostra minuscola America mi ha cambiato più di quanto pensi’. Le misere condizioni di vita, sfruttamento e la sofferenza a cui sono sottoposti questi uomini lo segnano per sempre. In Europa ormai non ci muove più nemmeno l’umana pietà per le migliaia di vittime del mare e per quelle altre migliaia di uomini che perdono la vita durante lunghissimi viaggi sulla terra ferma, nella speranza di approdare in un Paese migliore in grado di offrire ai loro figli dignità e rispetto. L’unica cosa che siamo riusciti a proporre è la distruzione dei barconi. Prevalgono l’indifferenza, l’egoismo, la paura del diverso. Ed ecco allora il motivo centrale della nostra iniziativa di oggi che spiega anche l’attualità del Che: proporre una riflessione profonda sulla vita di un uomo che ha sacrificato la propria esistenza per glia altri, per gli ultimi, per gli sfruttati di questa terra. Il suo esempio deve servirci a riflettere sui valori e gli ideali che abbiamo smarrito in questi anni: lo auspichiamo per tutta la società ma soprattutto per la sinistra; abbiamo bisogno di un confronto politico dentro la sinistra che serva a riappropriarsi dei valori cruciali, primo fra tutti la solidarietà. Non a caso se il primo maggio il tema fondamentale resta quello del lavoro e dei lavoratori, in questo particolare momento è necessario agganciare ad esso quello più generale della solidarietà sia umana che sociale.(…) Costatiamo purtroppo in questa sede che oggi l’unico messaggio politico alto e forte in tal senso è quello di Papa Francesco che paradossalmente viene anch’egli dall’America latina, da un’esperienza esistenziale di sofferenza, di ingiustizia e dolore. L’auspicio è che anche nella politica la sinistra torni a fare sentire alta la propria voce!”.
Nel suo attesissimo intervento Juan Martin Guevara ha invece voluto ricordare il fratello Ernesto come leader, sognatore e soprattutto come fratello, figlio e uomo: “Sono contento di essere per la prima volta in Italia, non mi sono fermato a Roma ma sono arrivato direttamente dal mio Paese qui a Teramo dove ho trovato una bellissima accoglienza. Con mio fratello avevo molte cose in comune, oltre al papà e alla mamma anche l’ideologia e il modo di pensare. Come militante, a quei tempi, considerai la morte di Ernesto una vera e propria sconfitta. Riguardo alla mia famiglia posso dire che mia madre era più che una femminist era una donna che faceva cose, senza preoccuparsi di ciò che gli altri potevano pensare di lei, portava i capelli corti, guidava, portava i pantaloni, fumava, aveva un comportamento che poteva sembrare femminista, ma in realtà lei non si è mai preoccupata di far avvicinare persone ad una determinata ideologia, non era un’attivista, era semplicemente se stessa. Ci tengo invece a raccontare della figura di mio padre, che insieme a mia madre è stato responsabile dell’educazione data a noi ragazzi ed in particolare ad Ernesto: era un poeta, un disegnatore, un sognatore. I nostri genitori erano persone con un’educazione molto diversa, mio padre in quanto artista era abituato a più libertà, a più ‘licenze’ da artista, mentre mia madre, educata dalle suore, era più rigida e determinata, per lei le cose si dovevano portare a termine sempre nel migliore dei modi. Entrambi sono stati fondamentali per l’educazione e la formazione mia e di mio fratello Ernesto. Ricordo sempre l’abbraccio che mia madre e mio fratello si scambiarono quando ci rincontrammo a Cuba dopo la rivoluzione, un abbraccio lunghissimo, quasi dal sapore di eterno. Poi abbracciò a lungo anche mio padre. Mi piace credere simpaticamente che mio fratello sia stato sempre il figlio preferito da mia mamma. Ad oggi non ho ancora una statistica di quale sia l’immagine di mio fratello più diffusa e venduta a livello commerciale, ma dobbiamo porci una domanda: si fa business con qualcosa che si vende e l’immagine di mio fratello si vend, il “Che” si vende. Perché la gente vuole la sua immagine, cosa rappresenta per loro quest’immagine? Quale sogno? Di questo bisogna parlare. Ora sono fondatore dell’associazione che si chiama ‘Sulle orme del Che’. Per anni io e i miei fratelli abbiamo ricevuto richieste dalle più svariate tv e testate giornalistiche di concedere loro interviste e dichiarazioni riguardanti Ernesto, ma, seppure senza esserci messi d’accordo tra noi, eravamo tutti riservati, non volevamo parlare dell’argomento. E’ stato così fino a qualche anno fa quando abbiamo riflettuto su quanto fosse importante portare il pensiero del ‘Che’ nei posti più svariati, dove si potessero fare domande sul suo pensiero. Soprattutto dove c’era ignoranza, in Argentina e in tutti gli altri posti dove gli ideali di libertà non erano conosciuti o non riuscivano ad arrivare. L’obiettivo principale della nostra associazione è quindi quello di comunicare e rendere noto il pensiero di mio fratello per far diventare sempre più più umano e comprensibile il suo mito. Si conoscono di lui molti scritti come il diario della motocicletta, ma ci sono altre circa tremila pagine scritte di suo pugno che tra poco saranno pubblicate. Ci saranno anche sue conferenze ed interviste tenute nel 1959, tutto sarà pubblicato con l’intento di far conoscere il suo pensiero, far capire ai giovani di oggi e alle donne che hanno partecipato alla trasformazione del mondo, quanto la sua filosofia sia ancora sempre di più attuale!”.
Michele Ciani