Pescara. “A Pescara non serve evidentemente annettere le sue prossimità, assolutamente no anzi occorre il suo esatto contrario”, è la provocatoria dichiarazione del capogruppo Pd in Consiglio comunale, Moreno Di Pietrantonio. Un’affermazione che stride con il movimento, lanciato dal capogruppo regionale Idv Carlo Costantini, fautore della cosiddetta ‘Grande Pescara’: l’ideale prodotto dell’unificazione tra il capoluogo adriatico e i Comuni di Montesilvano e Spoltore.
“La domanda da coltivare è quale ingrandimento serve a Pescara”, sostiene l’esponete Pd, “Ciò che la città di Pescara deve cercare non è la sua dimensione fisica ma la sua capacità relazionale”. Le ragioni sottolineate a sostegno della fusione dei tre comuni sarebbero, per Di Pietrantonio, da ricercare nel potenziamento numerico delle imprese, nell’aumento del numero dei chilometri di strada e nell’aumento della popolazione di riferimento dai quali deriverebbe un supplemento di trasferimenti finanziari e di economia. “Ad un dibattito aperto in modo meritevole c’è da dire ad onor del vero che sarà molto difficile arrivare alla fusione di comuni come Pescara–Montesilvano–Spoltore come ipotizzati o addirittura con altri comuni limitrofi come Francavilla–San Giovanni-Chieti, che insieme rappresentano la naturale area metropolitana; difficoltà rappresentata anche da quello che i comuni hanno significato per lo sviluppo economico e la identità culturale del nostro Paese”.
Risolvere i problemi intrinsechi alle singole zone, prima di unificarle, è quindi il suggerimento del capogruppo Pd: “Ai problemi delle economie territoriali si corrisponde con nuovi strumenti istituzionali e con intelligenti politiche infrastrutturali fondate sulla integrazione degli obbiettivi. A tal proposito esiste una formidabile opportunità che si chiama Pianificazione strategica, capace di coinvolgere in obbiettivi convergenti tutte le differenze territoriali di una area vasta come quella di cui trattasi”. Giusto, quindi, eliminare duplici strutture burocratiche, però “senza inseguire improbabili fusioni ma valorizzando le specificità e le differenze dei comuni unificando i servizi e dislocando adeguatamente le funzioni in modo da creare un’area con grandi possibilità di sviluppo e attenzioni alle economie dei risparmi imposte dai tempi”.
“Per la gestione dei servizi fondamentali come i rifiuti, la polizia urbana, il trasporto pubblico, gli asili nido e i servizi sociali potrebbe essere utilizzato anche lo strumento delle unioni dei comuni per l’esercizio congiunto di funzioni in base all’articolo 32 del T.U.E.L. numero 267 del 18/08/2000. La scommessa è quella della gestione unitaria dei servizi. L’obbiettivo è quello della ottimizzazione delle risorse”, conclude Di Pietrantonio.
Daniele Galli