Guardiagrele il bene in comune: ‘Da dicembre 30 comuni della provincia ad alto rischio contagio Covid, ma nessuno lo sapeva’

“Si poteva fare qualcosa per limitare i danni?”

Guardiagrele. “Il pericolo era annunciato e il rischio era stato calcolato, ma nessuno ci ha informati”. Questa la conclusione alla quale si giunge esaminando alcuni documenti che, dalla metà di dicembre, hanno delineato almeno nella provincia di Chieti un quadro che probabilmente avrebbe richiesto una gestione diversa da parte della Regione e da parte della ASL di Chieti.

Il gruppo politico “Guardiagrele il bene in comune” dallo scorso novembre ha monitorato la pericolosa evoluzione del numero dei contagi e proposto, tra le altre cose, uno screening di massa gratuito, a partire dalla popolazione scolastica. “Non siamo stati ascoltati” – denunciano in una nota – “e, quando è venuta fuori la storia della variante inglese, è stato chiaro che molti dati non sono stati comunicati o, comunque, non sono stati presi nella giusta
considerazione”.

“Abbiamo scoperto che sicuramente dalla metà di dicembre 2020 la ASL di Chieti aveva classificato 30 comuni della provincia (sul totale dei 103) in una fascia di rischio alta con la presenza di circa 124.000 cittadini a rischio di veicolare il virus. Tra questi comuni c’era anche Guardiagrele e altri 6 dell’intero distretto. Questo documento – precisa la nota – è stato tramesso alla Regione il 17 dicembre come parte della proposta della ASL per una campagna di screening alla popolazione.

Il quadro cambia all’inizio di gennaio e lo si vede dal rapporto settimanale della ASL. “Ma – specifica la nota – se molti comuni vengono collocati in una fascia di minore rischio, non pochi vi restano. Guardiagrele, ad esempio, resta in fascia alta e gli altri 7 del distretto che c’erano prima ne escono”.

“Come mai queste informazioni non sono state date alla popolazione? Il rischio per la cittadinanza come mai non è stato reso pubblico? Era necessario adottare misure straordinarie alla luce di questi dati? E, infine, come mai, se questo era il quadro sin dalla metà di dicembre, lo screening che avrebbe potuto quanto meno limitare il contagio, è stato avviato dopo oltre un mese?”

“A proposito dello screening – prosegue la nota – abbiamo trovato alcuni documenti che dimostrano una gestione discutibile se inquadrata nel pieno della diffusione della variante inglese, soprattutto in provincia di Chieti”.

Dalle interviste rilasciate alla stampa internazionale apprendiamo che la Regione e la ASL sapevano dalla fine di dicembre, ma la popolazione non ha avuto nessuna notizia, almeno fino alla metà di gennaio. Cosa si diceva in queste comunicazioni? Era giusto derubricare la cosa semplicemente dicendo che la variante è solo maggiormente trasmissibile? Se il quadro sanitario non era chiaro, era forse necessario adottare altre precauzioni limitando, quindi, ogni conseguenza sia sui contagi sia sugli effetti economici di una tale situazione?

“Il dato preoccupante – conclude la nota – riguarda la modalità di esecuzione dello screening. Una nota della ASL del 22 gennaio per giustificare l’uso dei tamponi “lateral flow” e la loro sensibilità alla variante inglese cita un documento britannico nel quale si parla di uno studio fatto su alcune marche.

Ebbene, se leggiamo gli atti con i quali la Regione ha acquistato solo a fine dicembre i suoi tamponi, vediamo che nessuno dei lotti è riconducibile a quelle marche, senza trascurare che per ogni lotto i tamponi hanno costi unitari diversi, dal minimo di 2,29 euro al massimo di 3 euro a tampone.

I tamponi utilizzati quale efficacia reale hanno? Per tracciare le varianti doveva forse essere utilizzato un percorso diverso? Siamo sicuri che i campioni prelevati con tampone molecolare (100 a Guardiagrele) siano realmente rappresentativi? E come mai, per quello che ci risulta, la Regione non ha risposto alla nota della ASL con la quale comunque si forniva l’indicazione di effettuare uno screening proprio con i molecolari, almeno nei comuni con rischio più elevato?

“Questa è una parte del quadro che siamo riusciti a ricostruire guardando ai documenti che abbiamo reperito e siamo convinti che la situazione sia stata oggetto di pericolose disattenzioni. Magari le altre carte che aspettiamo di leggere ci diranno altro, ma i dati che abbiamo rilevato sono certi.

Per questa ragione – conclude – porteremo la vicenda all’attenzione della Commissione di vigilanza del Consiglio Regionale e chiederemo di essere sentiti con l’auspicio che le cose siano gestite in modo diverso, a partire da una completa e corretta informazione alla popolazione che, sopra ogni cosa, può contribuire a determinare una autodisciplina dei cittadini”.

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