Pescara. La Val Pescara è stata dichiarata Area di crisi. La Giunta regionale ha deliberato oggi, sollecitata dall’ente provinciale, il riconoscimento della quarta area economico-industriale nei confini abruzzesi sommersa dalle conseguenze negative del trend finanziario nazionale. Si guarda all’accordo di programma per attingere, ora, ai fondi Fas, mentre la Regione rilancia i propri progetti occupazionali.
La filiera (Pdl) ha funzionato: furono l’assessore Angelo D’Ottavio e il presidente provinciale Guerino Testa ad allarmare i vertici regionali, alla vigilia dell’incontro che mercoledì scorso si è tenuto a Palazzo Chigi per dibattere del Patto dello sviluppo abruzzese, per la necessità della Val Pescara di ottenere lo status, e i benefici conseguenti, di Area di Crisi. Area una volta industrializzata e dall’economia fiorente, che dal primo contagio di crisi con la contigua Val Peligna non ha mai smesso di recedere, fino alle batoste finali della crisi nazionali e del disastro ecologico del polo chimico di Bussi. Così che dalle foci del Pescara, fino all’Adriatico, passando per il chietino, la Valle ha chiuso poli e siti industriali, perso milioni e posti di lavoro. Oggi, così com’è stato per la Vibrata, la Sinello e la Peligna-Alto Sangro, anche la Val Pescara è stata dichiarata Area di crisi. Dopo la firma congiunta, l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Alfredo Castiglione, e l’assessore alle Politiche del lavoro, Paolo Gatti, hanno illustrato questa mattina i dettagli del riconoscimento, alla presenza di Testa, D’Ottavio, e dell’assessore regionale all’Agricoltura, Mauro Febbo, che ha rappresentato quella fetta di territorio teatino inclusa nel provvedimento. La parola chiave è Accordo di programma quadro: non si intende, infatti, ottenere dal ministero allo Sviluppo una serie di micro-aiuti da iniettare nelle singole vene, ma una massiccia deviazione di fondi da destinare alle aree rese omogenee dalla crisi, al di là delle collocazioni localistiche. Fare rete anche nella crisi: portando avanti uno dei capisaldi della mission di Chiodi si punta a far avanzare il macro-faldone della vertenza abruzzese sul tavolo del ministero, scavalcando innumerevoli missive che bussano cassa da tutta Italia; l’obiettivo è quello di deviare anche sulla Val Pescara il fondi Par-Fas destinati alla ricerca, ai poli di innovazione e alle reti di imprese: 35 milioni in tutto che ricadono sotto la voce “Contratti di sviluppo”. Uno strumento nazionale, che supera le possibilità ordinarie regionali, così come l’ambito capitolo della “Politica del credito”: ulteriori 10,8 milioni di Par-Fas. Questi, uniti al riconoscimento dell’area di Bussi quale sito di interesse nazionale, da parte del ministero dell’Ambiente che ha garantito una copertura di 50 milioni per la bonifica e la reindustrializzazione, farebbero accelerare l’approvazione da parte del Mse della Val Pescara come Area di crisi industriale complessa: tradotto, più si riconosce la crisi e più fondi arrivano per rilanciare l’economia.
“Le evidenze numeriche ci hanno portato ha decretare la crisi della Val Pescara allo stesso modo delle aree riconosciute in precedenza”, ha detto l’assessore Gatti, parlando delle conseguenze occupazionali subite dallo scemare della realtà industriale, “per questo le aziende rientranti nell’area di crisi potranno accedere a futuri provvedimenti simili negli effetti al programma Lavorare in Abruzzo 2”, il bando da 15 milioni attivato dalla Regione per erogare alle aziende bonus da 10mila euro per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori svantaggiati. La crisi “riconosciuta”, invece, porterà i benefici della legge 181 dell’89: finanziamenti per nuove attività produttive o ampliamenti, ammodernamenti, ristrutturazioni o riattivazioni di unità già esistenti, con agevolazioni e contributo a fondo perduto fino al 40% degli investimenti ammissibili, o in un mutuo agevolato fino al 30% degli investimenti stessi.
Per riconoscere l’area di crisi, data la geografia industriale ed occupazionale simile a quelle abruzzesi già in vigore, si è utilizzato lo stesso criterio, l’87.3.C del Trattato della Comunità Europea: quello per i territori in deroga al principio di divieto di aiuti di Stato: “Scelta adottata proprio per rendere l’area e i benefici più omogenei possibili”, ha commentato Castiglione. All’omogenea partecipazione alla fase successiva, invece, ha esortato Angelo D’Ottavio, inserendosi nella polemica politica generatasi dopo l’incontro di Palazzo Chigi: “Ora, se si interverrà in favore di privati o di Comuni con amministrazioni all’opposizione, servirà l’appoggio anche di questi e che gli stessi facciano la propria parte per rimettere l’economia della provincia di Pescara in piedi”, ha concluso l’assessore provinciale.
Daniele Galli