Avezzano. ‘NO alla centrale a biomasse PowerCrop, VOGLIONO BRUCIARCI IL FUTURO’. Lo urlano i cittadini, i consiglieri ed i deputati del Movimento Cinque Stelle Abruzzo. Un’azione congiunta quella di domani 24 marzo per cercare di tutelare il territorio della piana agricola del Fucino.
A Pescara centinaia di attivisti a cinque stelle provenienti da tutta la regione si sono dati appuntamento con i comitati e gli agricoltori per urlare il loro NO proprio sotto l’edificio dove si terrà la conferenza dei servizi per dare il via libera alla costruzione dell’impianto.
A L’Aquila il M5S porterà in Consiglio Regionale le istanze del territorio chiedendo al Presidente D’Alfonso e alla sua maggioranza di esprimersi in maniera chiara sulla questione Power Crop.
“D’Alfonso dovrà dirci”, afferma il consigliere regionale del M5S Gianluca Ranieri, “se intende tutelare le migliaia di imprese fucensi che producono, tra mille difficoltà, un terzo del PIL agricolo regionale, oppure gli interessi di una sola impresa che farebbe profitti grazie agli incentivi pagati in bolletta dai cittadini”.
In particolare il M5S chiederà una seria politica di programmazione che escluda la possibilità di realizzare impianti in aperto contrasto con le esigenze di una piana che produce prodotti IGP, delimitata da aree naturali protette, a discapito delle economie locali e della salute di 140.000 persone.
Anche Legambiente torna ad esprimere la propria contrarietà all’impianto
E’ convocata per domani alle 10 presso la Regione Abruzzo, la Conferenza dei Servizi la quale si dovrà esprimere sull’impianto a biomasse che Powercrop, gruppo Maccaferri, vuole realizzare ad Avezzano.
La Legambiente, tra i firmatari del ricorso al TAR del 2011, ribadisce con forza ancora una volta la propria contrarietà a questo impianto e domani sarà presente alla conferenza dei Servizi.
Un impianto che da anni fa i conti con la viva e ferma opposizione del Comitato Marsicano NO Powercrop, del mondo agricolo, delle associazioni ambientaliste e delle amministrazioni comunali di Avezzano e Luco dei Marsi, che si oppongono alla realizzazione di questo impianto motivando sotto il profilo tecnico, ambientale, sanitario ed economico l’insostenibilità del progetto.
Nel 2010 il Comitato Via della Regione Abruzzo, allora presieduto da Antonio Sorgi, diede parere favorevole alla realizzazione dell’inceneritore a biomasse.
Lo scorso ottobre, Sorgi e il suo socio Gianluca Vaccarini sono stati arrestati per diversi capi di imputazione e tra i progetti redatti da Vaccarini è suo anche il “disegno” della contestata centrale PowerCrop/Maccaferri di Ravenna, la stessa centrale che lo stesso gruppo vorrebbe costruire ad Avezzano.
Da parte della Regione Abruzzo, come hanno sottolineato anche i comitati locali, ci si aspettava quindi, l’annullamento del parere favorevole del Via del 2010, in quanto potenzialmente “viziato” e non la convocazione di una Conferenza dei Servizi con la quale si potrebbe definitivamente aprire la strada al progetto.
Inoltre, il prossimo 7 luglio, la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi proprio sulla questione Power Crop.
Questi i numeri del progetto che evidenziano notevoli criticità: 35 MW di potenza elettrica e 95 MW potenza termica, 270 mila tonnellate/anno di biomassa (combustibile legno e derivati). Per il trasporto del legname (il territorio non è autosufficiente) si prevedono 9.600 camion sulle strade del Fucino, dell’Abruzzo fino ad un raggio di centinaia di KM di distanza. 1 milione di metri cubi d’acqua/anno (potenzialmente tolti all’agricoltura).
60 metri di “camino” per scarico/fiumi e produzione di polveri sottili, acido cloridrico, ammoniaca, nano particelle che si disperderanno nell’aria. Per finire non è esclusa, stando al progetto, la possibilità di utilizzare, in mancanza di sufficiente legno, “immondizia di qualità” come combustibile contro la vocazione agricola del Fucino. Con la previsione di soli venti di posti di lavoro, in quanto l’impianto è altamente automatizzato.
Legambiente, inoltre, ha in più occasioni rimarcato come questo progetto, così come esposto nella “sintesi non tecnica” dello Studio di Impatto Ambientale di Powercrop, risulta inaccettabile per le dimensioni che propone e per le gravi lacune che presenta nell’illustrare l’articolazione della filiera di alimentazione della centrale e gli usi energetici finali.
La potenza della centrale proposta (93 MW termici), infatti, implica grosso modo una fornitura annua di circa 170.000 tonnellate di sostanza secca, ovvero 270.000 tonnellate di legna vergine (umidità al 40%).
“In un ottica di micro impianti – dichiara Luzio Nelli, responsabile Agricoltura Legambiente Abruzzo – l’alimentazione di un impianto a biomasse dovrebbe provenire in parte da colture dedicate e in parte da residui forestali, rispettando i principi della filiera corta e, quindi, all’interno di un raggio di 70 km dall’impianto.
Dati alla mano, il territorio non è in grado di soddisfare i bisogni dell’impianto Powercrop, perché occorrerebbe almeno un areale di circa 80 mila ettari di bosco. Inoltre mancano gli accordi di filiera e nessun cenno viene fatto in riferimento al prezzo di remunerazione per gli agricoltori”. Dubbi anche sull’impiego di tutto il calore prodotto, in gran parte dedicato alla produzione di vapore per la turbina da 30 MW di generazione di elettricità e per il resto si parla di un “eventuale” utente industriale. “L’auspicio – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo – è che si tenga conto di tutte le criticità emerse e si scongiuri la realizzazione di questo impianto. E’ evidente che ci troviamo di fronte al progetto di un impianto insostenibile per il nostro territorio.
La sua dimensione è tale da travolgere negativamente tutto il sistema agri-ecologico e l’agricoltura di qualità della valle del Fucino. Altresì, ribadiamo l’invito alla Regione Abruzzo sulla necessità di precisare i principi da adottare per valutare la sostenibilità di un impianto a biomasse e fermare gli interventi speculativi.
Centrali sono: la filiera corta, per evitare l’utilizzo di biomasse di provenienza estera e, comunque, esterna all’area territoriale di ubicazione degli impianti, senza garanzie di tracciabilità e di uso corretto del suolo; la piccola dimensione degli impianti, che deve essere tarata sulla disponibilità complessiva di biomassa locale, tenendo conto anche di altri impianti presenti o previsti nell’area interessata; gli standard di rendimento, in modo da favorire la cogenerazione, ossia la produzione sia di energia elettrica sia di calore, contribuendo a soddisfare i fabbisogni locali anche con calore da utilizzare per utenze industriali, attività o reti di teleriscaldamento degli edifici.”