Ricostruire Ponzano: ma dove? L’intervento

Recentemente mi sono imbattuto in uno scritto di Marc Auge’ che ha corroborato e dato corpo ad un mio pensiero che da tempo mi attanagliava.

 

L’ articolo dell’antropologo francese ribadiva e chiariva la sua teoria sulla differenza tra un non luogo e un luogo identitario, e la sua lettura ha scaturito in me una profonda riflessione sulla scelta del luogo dove si andranno a ricostruire le abitazioni colpite dal movimento franoso di Ponzano.

 

Il non luogo è uno spazio privo delle espressioni simboliche, di identità, relazioni e storia: posti che non hanno alcun tipo di significato e non sono nemmeno in grado di darne uno.

 

Il luogo identitario, invero, è relazionario, storico e si fonda sull’integrazione reciproca spazio più identità Un esempio eclatante di non luogo è Gibellina Nuova. Dopo il terremoto del Belice (1968) la ricostruzione del nuovo abitato divenne un laboratorio di sperimentazione urbanistica, furono coinvolti diversi artisti di fama internazionale come Burri e Consagra per farne un centro attrattivo e di riferimento ma oggi, nonostante siano passati 50 anni, nessuno si sente a casa e la gente si è spostata in luoghi alternativi.

A questo punto mi rimane difficile comprendere come la scelta della ricostruzione stia cadendo su una landa desolata e priva di servizi che sicuramente diverrà un non luogo dormitorio che

produrrà vantaggi economici solo alla vicino S.Egidio, oltre che ai proprietari dei terreni che si vedranno rivalutati ,non di poco, i loro appezzamenti. Un errore urbanistico e sociale.

Io penso che la scelta logica, non è di parte, sarebbe di delocalizzare proprio a Civitella Capoluogo. Sarebbe una scelta sensata in un luogo, nel bene e nel male, dove alcuni servizi vengono assicurati ( alimentari, bar, ristoranti ecc.), c’è il municipio, l’ufficio postale, la farmacia, la caserma dei carabinieri e non per ultimo le scuole. Inoltre c’è un centro urbano strutturato che ha una sua identità storica, in definitiva un luogo antropologico. Si andrebbero a fondere due comunità in una sorta di mutuo soccorso che gioverebbe ad entrambe.

Si potrebbero recuperare sia abitazioni del centro storico, ovviando ad un inutile consumo di suolo, o per chi vorrà non c’è nessuna difficoltà ad individuare aree di proprietà pubblica o di enti.

Inoltre, visto che diversi ragazzi del luogo (Borrano-Ponzano) da alcuni anni si stanno encomiabilmente prodigando per cercare di rivitalizzare il centro storico , e che l’assessore De Dominicis sta alacremente lavorando, per ridare la giusta importanza ad un luogo di tanto fascino e cultura, organizzando concerti, serate di gala, eventi gastronomici, mostre di rilievo ed altro, non vedo quali ostacoli possono frapporsi nel continuare un “discorso relazionale” già ampiamente avviato. A chi, singolarmente, vuole fare scelte diverse è indubbio che vada lasciato il libero arbitrio. Non vorrei mai immaginare che quello che è in procinto di accadere producesse un luogo senz’anima, con strade vuote, una piazza deserta e un isolamento sociale perché, è ovvio, che le abitudini cambieranno per tutti. Dopo tutto una realtà del genere è già presente nel nostro comune, e la preoccupazione mi viene proprio perché ci troviamo di fronte ad una situazione tangibile.

Questi pensieri prendeteli come semplici riflessioni ad alta voce di un visionario, sicuramente la realpolitik è altra cosa, comunque penso che è su questi temi che si misura la vera politica e le decisioni sono, oramai, imminenti!

 

Giuseppe Zunica

(consigliere comunale Inversione di rotta)

 

 

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