Teramo, il Pd provinciale si riorganizza. E una parte presenta il suo “manifesto”

Riprendere l’iniziativa politica attraverso una riconquista di autonomia che vada oltre i protagonismi e i destini dei singoli. Un vero e proprio manifesto è stato presentato da una parte del Pd provinciale che ha voluto realizzare un documento per provare a riaggregare un partito che forse si è appiattito sui personalismi e che vuole ricominciare a progettare lo sviluppo delle realtà locali.

Partendo dal rilevamento di una crisi politica che coinvolge l’intera provincia, il Manifesto, che vede tra gli altri la partecipazione di Dino Pepe, Luciano Monticelli, Manola Di Pasquale, oltre che di diversi amministratori locali, sottolinea l’esigenza di una maggiore partecipazione alla dirigenza del partito, cercando di dirimere i conflitti che pure ci sono al suo interno.

“Basta con i commissariamenti”, si legge nel documento, “servono soluzioni politiche ed iniziative, ascolto e presenza costante da parte di un coordinamento provinciale del partito che sia sostegno e supporto ai gruppi dirigenti locali, come dovrebbe avvenire nei casi simbolo di Teramo e Silvi e dove invece si brandiscono nuovamente commissariamenti o avviene un palese disinteressamento”.

Allargare il gruppo dirigente, rinnovandolo e riqualificandolo, soprattutto dopo la scissione di Articolo 1, appare infatti l’esigenza immediata oltre ad una necessaria riflessione sulle alleanze, elettorali e nel governo degli enti, per troppi casi affrontate senza la necessaria condivisione e coerenza.

“Il Partito Democratico”, continua la nota, “deve innanzitutto tornare ad essere una comunità, accogliente e attiva, dove si aderisce e non ci si affilia per ribadire la fedeltà ad una filiera di potere locale”.

Inoltre appare imprescindibile concentrarsi subito su un “programma funzionale” che serva a rilanciare l’economia, il lavoro e la crescita di Teramo e provincia, investendo sulle sue vocazioni ovvero su turismo, formazione e ricerca, piccola e media impresa e agricoltura. Anche attraverso un’apertura alle migliori competenze locali esterne, per formare e mettere in campo una classe dirigente preparata e attrezzata alle sfide che la competizione tra territori richiede.

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