Sant’Omero, c’è ancora posto nella società per i malati psichiatrici? La segnalazione

Sant’Omero. Un quesito molto chiaro posto ai vertici della Asl di Teramo. Dal direttore generale, a quello sanitario e per finire al vertice amministrativo.

 

Ma è anche un interrogativo molto più generale: in questa società c’è ancora spazio per un malato psichiatrico?
A porre dei quesiti è il nipote di una donna di 79 anni, che vive a Sant’Omero, da sola, affetta da problemi di natura psichiatrica. La lettera, inviata ai vertici dell’azienda sanitaria, è il racconto dettagliato di un episodio che ha visto involontaria protagonista la donna nei giorni scorsi. Prima all’ospedale di Sant’Omero e poi a Giulianova.

 

La lettera

 

Premetto di aver accettato di aiutare per quanto mi è possibile mia zia (che non ha figli ed il cui marito è morto da tempo) non solo per il rapporto di parentela che mi lega a lei, ma anche per sostenere una persona in evidente difficoltà.
Mi zia, purtroppo, è affetta da demenza senile con sintomi psicotici ed è stata sottoposta, qualche tempo fa, anche ad un TSO. Nelle ultime settimane le sue condizioni di salute sono ulteriormente peggiorate, tanto che i vigili urbani del Comune di Sant’Omero – che hanno ricevuto le lamentele di alcuni vicini di casa per le continue urla e forti strepiti provenienti dall’abitazione della stessa – si sono rivolti a noi parenti. Dal nostro canto ci troviamo nell’impossibilità di risolvere la problematica, in quanto nostra zia, oltre a non volersi trasferire presso le nostre abitazioni o in altro luogo, rifiuta categoricamente qualsiasi trattamento farmacologico.
Nella mattina del 7 luglio, dopo aver ricevuto da parte dei Vigili Urbani tale segnalazione, concordavo con l’assistente sociale del Comune di Sant’Omero dott.ssa Raffaella Cannone di informare il reparto psichiatria della ASL di Sant’Omero nella persona del dott. Giuseppe Riccio. Insieme al medico di base dott. Nicolino Santoni, il dott. Riccio concordava di sottoporre mia zia ad un ASO (accertamento sanitario obbligatorio), in ragione del fatto che — come accennato quest’ultima rifiutava completamente la terapia farmacologica. Il medico di base dott. Santoni formulava tale richiesta.
Alle ore 12 circa del 10 luglio mia zia veniva prelevata da un’ambulanza del 118, il cui medico a bordo aveva poco prima tentato inutilmente la somministrazione di alcuni farmaci. Erano presenti in loco non soltanto i Vigili Urbani del Comune di Sant’Omero, ma anche i Carabinieri.
Mia zia a questo punto, tramite ambulanza, veniva trasportata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Giulianova. All’atto dell’ingresso avvenuto alle ore 14.11 del 10 luglio 2017 il medico del POS. dott. Luigi D’Annibale indicava la seguente anamnesi: “accompagnata in emergenza 118 per agitazione psicomotoria in decadimento cerebrale (demenza senile).
A questo punto il medico del P.S., dopo essersi consultato con la dott.ssa Carola Ramelli del Reparto Psichiatrica di Giulianova, con mio sommo stupore, disponeva alle ore 15,54 dello stesso giorno le dimissioni della paziente, consigliando di iniziare una terapia con Haldol.
Ritengo tali dimissioni del tutto inopportune, anche in considerazione delle condizioni psico-fisiche di mia zia e della impossibilità assoluta a somministrarle un qualche farmaco. Facevo presente questa cosa sia al medico del P.S., sia alla psichiatra, insistendo per il ricovero di mia zia perlomeno fino a quando le sue condizioni psico-fisiche non si fossero stabilizzate. Ma purtroppo le mie insistenze non sortivano effetti.
Chiedevo in particolare alla psichiatra, la quale mi faceva presente che quella non era una struttura adatta per il ricovero di mia zia, di disporne il trasferimento presso una struttura idonea, ma mi veniva risposto che a questo avrei dovuto provvedere io.
Chiedevo anche telefonicamente l’intervento sia dei Carabinieri che della Polizia, ma entrambi mi riferivano di non potersi adoperare a fronte della responsabilità che il medico della struttura ospedaliera si era assunto.
Di fronte agli inviti di quest’ultimo a portare via mia zia dal P.S., facevo presente che, se io non potevo obbligarlo a ricoverare mia zia — come lo stesso andava sostenendo – lui non poteva obbligarmi a portarla via.
Decidevo perciò di allontanarmi, nella speranza che il medico potese cambiare opinione. Qualche ora più tardi venivo raggiunto telefonicamente dai Carabinieri di Giulianova che mi facevano presente che mia zia era stata collocata fuori dal P.S., in quanto lì stava dando fastidio. Rappresentavo agli stessi la situazione che si era verificata, rassicurandoli comunque che di lì a poco sarei andato a riprenderla, cosa che ho fatto.
Ho riaccompagnato quindi mia zia a casa, perché lei rifiuta categoricamente di andare a vivere in un luogo diverso dalla sua abitazione. Ovviamente mia zia continua a rifiutare anche la terapia farmacologica e le sue condizioni psico-fisiche sono ulteriormente peggiorate per la mancanza di cure appropriate. Dal mio canto mi sono adoperato in tutti i modi possibili, andando a parlare con il suo medico curante, con gli assistenti sociali, con la struttura ospedaliera, ma ora mi trovo di fronte ad un vero e proprio “muro di gomma”.
A questo punto mi domando: c’è ancora posto in questa società per un malato psichiatrico? Dovremmo forse ripristinare l’antica rupe tarpea per sbarazzarci dei vecchi, dei malati, dei deboli e di tutti quelli che si trovano in qualche modo in difficoltà? Agli organi dell ‘Azienda ASL chiedo: è’ legittima la condotta dei medici che hanno rifiutato il ricovero di mia zia? Se succedesse qualcosa alla stessa, chi ne riponderebbe?
Gradirei una risposta e anche l’impegno a risolvere i problemi di una donna, che prima della malattia era una persona affabile, dolce con noi nipoti e piena di attenzioni verso i bisognosi.

 
(Lettera firmata)

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