‘Vendiamo tuo figlio’: prostituta scappa e denuncia i suoi aguzzini. Cinque arresti tra Pescara e Francavilla-VIDEO

Una ventenne rumena sfruttata da una banda di connazionali e costretta a prostituirsi. Quando la minacciano di vendere il figlio che aspetta, lei scappa e li denuncia tutti. Blitz all’alba tra Pescara e Francavilla: la polizia arresta 5 persone.

Vasilica Coman, il capo. Al suo fianco due fratelli dal cognome diverso, quelle delle mogli, cambiato di recente grazie alla legge rumena per depistare le forze dell’ordine: Florin Nunu, il contabile della banda, e  Ionel Cristea, l’incaricato di reperire in patria le donne da sfruttare in Italia, tuttora latitante. Immancabile, caporale in gonnella che sorvegliava e gestiva le prostitute, la donna del capo, Stefania Sin. E’ questa, ben definita per nomi e ruoli, l’organizzazione a stampo familiare sgominata all’alba dalla squadra mobile della polizia di Pescara grazie all’immenso coraggio di una ventenne finita nell’incubo dello sfruttamento, partita dalla Romania con il sogno di fare la badante in Italia e costretta a vendersi nella pineta dannunziana sotto il giogo delle botte. Ma quando, rimasta incinta, sono arrivati a minacciare di vendere il figlio in arrivo e lei a un’altra gang, Maria (nome di fantasia) ha trovato la forza di reagire e di scappare via dai suoi aguzzini per denunciare tutto e collaborare con la polizia. Preziosi e fondamentali i dettagli forniti dalla ragazza per portare alla luce le astuzie adottate da Coman, già arrestato a giugno 2012, per continuare a far funzionare un racket senza scrupoli che gli fruttava dai 100mila ai 200mila euro al mese: cifre riportate in libri mastri scovati stamani in possesso di Nunu.

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“Si era chiuso a riccio”, ha spiegato il capo della Mobile, Pierfrancesco Muriana: fatale gli era stato due anni fa aver allargato la sua rete a 14 collaboratori. Rumeni e italiani impiegati come sorveglianti e autisti delle ragazze in strada, galoppini addetti a rifornire le lucciole di preservativi, donne luogotenenti che impartivano ordini sulle mosse da fare e vestiti da indossare. Picchiatori assoldati per fronteggiare a colpi di mazze i gruppi rivali con i quali si contendevano le zone del sesso a pagamento. Fu facile per la polizia seguire tante tracce e risalire a Vasilica Coman, allora chiamato Mihai, detto Jean. Dentro e fuori dal carcere in pochi mesi, pronto a rimettersi in affari con maggiore prudenza: pochi ma buoni soci fidati. Oltre a compagna e fratelli, il quartetto era assistito dalla fidanzata del “contabile” (non indagata), anche lei prostituta e attualmente tornata in Romania. E da un altro connazionale, Chiazim Usein, detto il turco, marginale pedina relegato al ruolo di picchiatore: per questo, solo a lui, non sono indirizzate le accuse di  estorsione e sfruttamento della prostituzione contenute nelle cinque ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip Sarandrea. Al “turco” viene contestata solo l’aggressione per la violenta faida di Pescara Sud, conclusa a ottobre scorso con 7 arresti.

MINACCIATA ANCHE SOTTO PROTEZIONE: CI PRENDIAMO TUO FIGLIO

Oltre alle preziose informazioni, Maria ha riferito alla polizia gli agghiaccianti dettagli della “tratta” e il largo campo d’azione della criminalità dedita allo sfruttamento della prostituzione, capace di scoprire i rifugi dei collaboratori sotto protezione e minacciarli nonostante la sorveglianza della polizia.

Fu una partente a tradire e vendere Maria ad aprile 2013, consegnandola in mano a Ionel Cristea, fantomatico imprenditore in affari con l’Italia dove, le avevano detto, aveva una sorta di agenzia che procurava lavoro a braccianti e badanti. La ventenne, rimasta vedova in giovanissima età, era partita con altre 4 connazionali per un viaggio interrotto al confine del paese balcanico: lì ne perse di vista tre per proseguire il viaggio insieme a una soltanto, Raluca, fino a Pescara, ceduta da Cristea al gruppo di Coman. Le due vengono nuovamente separate ma qualche giorno dopo Maria vede di nuovo la compagna di sventura, con il volto pesantemente segnato dalle conseguenze di un tentativo di ribellione all’incubo appena iniziato. “Se il lieto fine della storia è solo parziale è, purtroppo, perché di Raluca non si hanno più tracce”, ha detto rammaricato in conferenza stampa Dante Cosentino, vice di Muriana. Maria viene costretta a vendersi con il solo diritto al vitto e all’alloggio. I suoi carcerieri ne intuiscono subito l’istinto e non si fidano a lasciarla uscire, inizialmente obbligata a prostituirsi solo in casa, in appartamenti al confine tra Francavilla e Pescara. Zona studiata strategicamente da Coman per far raggiungere alle ragazze i marciapiedi della Bonifica direttamente a piedi, così da evitare il coinvolgimento di autisti poco cauti. Con il tempo, le maglie del controllo si allentano un minimo: Maria viene data in pasto alla strada, seppur sotto il pressante controllo della caporale che, ad ogni rientro, la perquisisce per non lasciarle nemmeno qualche spicciolo indosso. Turni serrati, come riportati dai due quaderni contabili sui cui venivano “smarcati” i giorni di lavoro e le somme racimolate da ogni “protetta”. Le testimonianze della ragazza parlano di due turni giornalieri, continuativi ma su diverse zone di Pescara Sud: dalle 17 alle 20 nei pressi del curvone di via Silone, all’angolo con la scuola elementare di via Scarfoglio, e dalle 20 alle 4:00 attorno alla rotatoria di San Silvestro Spiaggia, l’area contesa con gli altri sfruttatori. Nove le ragazze che Maria era riuscita a contare sotto l’egida di Coman, tutte riportate con nomi e soprannomi nei libri mastro: Elena, Papadia, Dan, Plina, Alina, Lola, Mutu. Ognuna in grado di raccogliere “datori” (il dovuto) fino a 1000 euro al giorno. Se nessun giorno del mese era consentito riposarsi, presto dedotto il giro d’affari non inferiore ai 200mila mensili.

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Soldi che finivano in Romania ai parenti della banda tramite la Western Union a nome della stessa vittima: le avevano preso il passaporto e la costringevano anche ad effettuare i trasferimenti con il suo documento, evitando così di finire su ogni registro. “Se ti chiedono qualcosa, devi dire che sono per i tuoi parenti”, era l’ordine impartito. Maria si presta a tutti, inerme, e si guadagna la fiducia dei carcerieri. Quando il controllo si allenta, però, coglie l’occasione di scappare, aiutata da quel figlio che porta in grembo, conseguenza di una prestazione senza protezione che è fruttata ai “pappa” qualche euro in più sborsato dal cliente più esigente. Spaventata, inoltre, dalle voci circa la sua prossima vendita ad altri aguzzini. Una notte trova il coraggio di montare in macchina con un cliente, raccontargli tutto e farsi accompagnare dai volontari dell’associazione On the Road, che da anni collabora con le forze dell’ordine per arginare il crudele fenomeno dello sfruttamento. Parte il programma di protezione che le offre un riparo temporaneo ad Ascoli Piceno, dove avviene un primo incontro sospettosamente casuale con una donna molto vicina alla banda di Coman. “Lo sanno che collabori con la polizia, aspettano che partorisci per vendere te e il tuo bambino”, dice la donna offrendo aiuto a Maria. Un aiuto troppo rischioso da accettare, così viene accelerato il suo trasferimento in una città del nord Italia, dove Maria dà alla luce il bambino: “Un secondo atto di coraggio”, lo ha giudicato Muriana, “aver deciso di partorire il figlio di una violenza”. Pochi giorni dopo, però, mentre Maria esce per andare a trovare il piccolo, viene fermata in strada da un uomo descritto come “zingaro rumeno” che la intimorisce nuovamente: “Sappiamo dove abiti tu, dove abitano i tuoi parenti, abbiamo i tuoi documenti: ti facciamo pagare tutto quanto”.

Il pericolo crescente per mamma e neonato, aggiunto alle risultanze degli arresti di ottobre, fanno accelerare le indagini della Mobile, guidate dal Pm Salvatore Campochiaro. Stamani all’alba il blitz in via Monte Velino, confine nord di Francavilla al Mare. Coman e consorte hanno aperto spontaneamente la porta agli agenti che li hanno arrestati. La porta accanto è stata gettata giù a calci: era quella dell’appartamento di Florin Nunu, dove venivano anche ospitate le prostitute e dove sono stati ritrovati, oltre ai quaderni, le tessere Western Union e 3500 euro in banconote di piccolo taglio, evidente provento delle passate nottate strappate di mano alle “lucciole” sfruttate. Mentre si cerca ancora il latitante Cristea, gli altri tre uomini sono stati condotti nel carcere di San Donato, mentre la donna è nel penitenziario femminile di Chieti. La speranza di Muriana e dei suoi, però, è di riuscire a carpire altre informazioni utili a fermare la mano violenta di chi tratta donne come merce di scambio e riesce a scavalcare persino la polizia per intimorire e protrarre i propri illeciti guadagni.

Daniele Galli

 

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