Boom di bengalesi, botte per spartirsi le bancarelle di Pescara: “Dietro c’è la camorra”

Pescara. E’ boom di bengalesi in provincia di Pescara, molti dei quali ambulanti che affollano le strade del capoluogo adriatico con le bancarelle su ruote che vendono cover e selfie stick per smartphone: ma con ogni angolo “coperto”, scattano le risse per aggiudicarsi le piazze

“Qualche giorno fa a Pescara in pieno centro è scoppiata una rissa tra sei venditori ambulanti bengalesi”, riferisce il deputato Sel Gianni Melilla, “Secondo la polizia qualcuno di loro deve aver sconfinato con la propria bancarella in zone già occupate da connazionali con la stessa merce. Ieri il giudice ha convalidato l’arresto ma li ha rimessi in libertà in quanto incensurati (il processo è stato fissato ai primi di novembre), eppure l’episodio ha portato alla luce una realtà che la stessa comunità bengalese tende a oscurare”.

Ecco perché il parlamentare pescarese ha scritto al ministro degli Interni Alfano per sottolinerare che “a Pescara e provincia, stando ai dati dell’ufficio Immigrazione della Questura, sono quasi 300 i bengalesi presenti e di questi oltre la metà, 164, svolge lavoro autonomo che quasi sempre corrisponde alla licenza di ambulante. Altri sette sono in attesa di occupazione, 33 hanno dichiarato di essere a Pescara per motivi di famiglia (per ricongiungimento familiare o esigenze di salute), 58 svolgono un lavoro subordinato e 35 sono richiedenti asilo. Di fatto, dicono dalla Questura, sono pochi i bengalesi irregolari”. “L’episodio dell’altro giorno”, afferma Melilla, “ha fatto emergere un fenomeno che ogni tanto riesplode, come all’inizio dell’anno quando la polizia arrestò due bengalesi accusati di aver rapinato un loro connazionale sulla riviera, o come a giugno del 2012 quando i carabinieri smantellarono un’organizzazione accusata di far entrare pachistani, bengalesi e indiani in Italia aggirando la legge sull’immigrazione grazie alla complicità di imprenditori e falsi consulenti locali.

“Vendono tutti la stessa merce, cover per telefonini o rose, utilizzano quasi tutti gli stessi magazzini distribuiti nelle vie più centrali della città dove hanno concentrato le loro residenze: via Piave, via Mazzini, corso Vittorio, via Ariosto”, ricostruisce Melilla, “Difficile ritenere, anche secondo le forze dell’ordine, che siano tutti lavoratori autonomi. Secondo la denuncia dall’associazione On the road, dietro questa situazione ci sono sicuramente organizzazioni camorristiche: le etnie del subcontinente indiano come Bangladesh e Pakistan che occupano fisicamente tutti gli spazi delle zone centrali della città soppiantando di fatto quei venditori africani storici dell’Africa occidentale anglofona (Nigeria, Ghana, Liberia, Sierra Leone). Stando a quello che emerge dallo studio sviluppato a settembre dell’anno scorso (quando gli asiatici notati in centro furono solo venti a fronte dei 164 ambulanti di oggi), gli operatori hanno notato in due casi una sorta di filiera etnica del commercio, che parte a livello più basso dal singolo ambulante che vende oggetti a bassissimo costo, al piccolo commerciante da bancarella, al piccolo negozio di vicinato; livelli legati dalla conoscenza diretta, da una catena distributiva unica, da un supporto logistico, e, forse, da una stessa gerarchia. Persone spesso vincolate al pagamento di debiti per essere svincolati dal legame con quella filiera.

Pertanto Melilla chiede ad Alfano “se non intenda utile approfondire questo fenomeno per capire se via siano organizzazioni criminali che gestiscano il flusso degli extracomunitari asiatici e il commercio illegale che li vede impegnati nelle zone centrali di Pescara”.

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