Costrette a prostituirsi fino all’aborto: sgominata gang di aguzzini rumeni a Pescara

Pescara.  Costringevano le prostitute ad avere rapporti sessuali non protetti con i clienti e quelle che rimanevano incinte venivano fatte abortire clandestinamente. Questa l’accusa nei confronti di una gang di rumeni che la squadra mobile della Polizia di Pescara sta smantellando in queste ore con l’esecuzione di 13 misure cautelari per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Le indagini, avviate nel 2013 e basate su numerose intercettazioni e servizi di controllo e pedinamento,, hanno consentito di raccogliere gravi elementi indiziari a carico di un sodalizio criminale che sfruttava la prostituzione di giovani donne costrette ad esercitare il meretricio lungo le litoranee delle province di Pescara e Chieti. Nel corso dell’inchiesta, tra le altre cose, e’ emerso che sarebbero stati indotti almeno 2 aborti clandestini e che alcune prostitute avevano il compito di ‘istruire’ le ragazze meno esperte, sottoponendole anche a gravi vessazioni. Secondo quanto appurato dagli investigatori, gli ingenti profitti incamerati permettevano ai loro aguzzini di condurre una vita agiata e di effettuare cospicue rimesse di denaro in Romania.

Secondo la Mobile, l’organizzazione aveva monopolizzato, praticamente indisturbata, la zona sud di Pescara, praticando una gestione ‘imprenditoriale’ del giro di squillo. Il gip Nicola Colantonio, su richiesta del pm Giampiero Di Florio, ha disposto dieci custodie cautelari in carcere, una detenzione domiciliare e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. All’operazione stanno partecipando circa 50 agenti con il supporto della squadra mobile della Polizia di Chieti e numerose pattuglie del reparto prevenzione crimine di Pescara.

Delle 13 misure cautelari la polizia ne deve ancora notificare tre ad altrettante persone che fino a questo momento non sono state rintracciate. Due dei tre capi della banda, invece, erano già in carcere e si sono visti notificare in cella la nuova misura cautelare. Spiegando i dettagli dell’operazione, il dirigente della Mobile Pierfrancesco Muriana ha parlato di un giro di affari di circa centomila euro al mese, sottolineando che buona parte di questo denaro finiva in Romania attraverso trasferimenti, ricostruiti dagli investigatori, effettuati con la Western union. L’indagine che ha portato all’operazione di oggi parte da un’altra attività investigativa che lo scorso anno ha consentito di arrestare cinque persone, sempre nell’ambito della prostituzione. Dopo quegli arresti la Mobile ha approfondito le vicende relative a quel gruppo di sfruttatori, ha definito l’organizzazione e scoperto che ad essere sfruttate erano circa 15 ragazze, tutte al di sotto dei 30 anni.  Tra gli indagati anche due italiani, che si occupavano di accompagnare le prostitute e venivano ricompensati o in denaro o con prestazioni sessuali.

IL RUOLO DELLE CAPORALI

La polizia ha scoperto che a ricoprire un ruolo chiave nell’organizzazione è la figura delle caporali, giovani donne legate sentimentalmente ai capi che, dopo l’arresto di questi, sono passate dalla prostituzione in prima persona ad assumere la guida dello sfruttamento e del racket. Fino a ieri sera le ragazze erano ancora a lavoro in strada, nonostante il freddo, “e di certo saranno li’ anche stasera”, hanno detto gli uomini della Mobile, ” considerato che questi blitz non interrompono il giro, anzi aumenta la necessita’ di denaro per coprire le spese legali”.

ABORTI IN HOTEL: SFIORATA LA TRAGEDIA

Tra i reati contestati ai tredici indagati c’e’ anche l’aver provocato l’interruzione volontaria della gravidanza di due squillo, con aborti clandestini avvenuti in un hotel della città. Una pratica illegale preoccupante, effettuata senza assistenza sanitaria e che ha portato una delle due giovani a rischiare la vita.

“Per provocare l’aborto alle due ragazze”, ha spiegato Muriana, “è stato somministrato – in quantità elevate – il farmaco Cytotec, un gastroprotettore, e entrambe hanno avuto problemi. Una delle due ha chiesto di essere soccorsa dai medici, ma le donne-caporale si sono rifiutate di chiedere aiuto e di portarla in ospedale mentre per l’altra e’ stato necessario il trasporto in ospedale perche’ stava molto male e doveva essere operata. E’ stata lei stessa, pero’, a lasciare il reparto su indicazione del suo fidanzato-protettore”. I farmaci sono stati individuati dalla polizia, cosi’ come la farmacia che li ha venduti e il medico che li ha prescritti a una delle donne caporale, ignaro dell’utilizzo che ne sarebbe stato fatto. Nei rapporti tra sfruttatori e ragazze “paura e minacce erano sempre presenti”, ha detto Muriana, anche per evitare che venisse svelato l’episodio dell’aborto. Entrambe le ragazze che hanno abortito illegalmente sono indagate e una delle due anche per far fatto abortire l’altra.

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