Chieti, giornata di riflessioni sul carcere al Liceo Vico

Chieti. Giornata di riflessioni sul carcere e momenti di grandi emozioni al Liceo Classsico GB Vico di Chieti. Giovedì 1° giugno presso l’aula magna si è tenuta la presentazione dell’edizione straordinaria e congiunta del magazine “Voci di dentro” e del giornale d’Istituto “Anemos metabolès”, frutto di una esperienza di confronto e condivisione maturata tra i detenuti della casa circondariale di Pescara e un gruppo di studenti del Liceo nell’ambito del “Progetto carcere” coordinato dalle Prof. Silvia Elena Di Donato e Antonella Santarelli.

 Nell’aula Manzini stracolma di studenti, presenti la Dott.ssa Paola Di Renzo rettore-dirigente del Liceo, il Dott. Franco Pettinelli direttore della Casa circondariale di Pescara, il giornalista Francesco Lo Piccolo, direttore della rivista, e la Dott.ssa Cinzia Turri, responsabile risorse umane della Lazzaroni, la ditta che ha sponsorizzato il numero speciale della rivista, si è parlato di carcere, giustizia, pena, emarginazione. E di periferia, tema centrale della rivista, luogo di disagio ma anche di ricchezza, luogo lontano, ma sempre più vicino e più centrale come centrale e diffusa sono la povertà e il disagio.

 “Il progetto Voci di dentro-Anemos Metaboles – ha detto la professoressa Antonella Santarelli – parte da lontano, parte dagli incontri al liceo sulla legalità e arriva alla giornata di oggi affrontando il tema della giustizia da vari punti di vista. Ci sono molti mondi possibili e tanti modi di affrontare il tema della pena e del carcere”. Il direttore del carcere dottor Pettinelli ha aggiunto: “In carcere non ci si dovrebbe entrare. Bisogna lavorare prima, bisogna fare prevenzione . Per questo sono importanti gli incontri con le scuole e il lavoro di Voci di dentro e il liceo Vico. Perché da qui si parte per costruire un percorso di legalità”. Insomma “l’inizio di un cammino”, come ha spiegato la preside Di Renzo: “La nostra intenzione è che questa edizione speciale da fatto isolato diventi una collaborazione stabile. E’ emozionante che i giovani si avvicinino a una tematica che è periferia rispetto alla realtà quotidiana”.

 Grande spazio hanno avuto gli studenti : “La cosa che più mi ha colpito entrando in carcere – ha detto lo studente Lorenzo Di Credico – è che in quel luogo i detenuti sono privati della possibilità di assumersi la responsabilità delle loro azioni”. Per fortuna che ci sono i laboratori di Voci di dentro, “momenti di senso – come ha spiegato Caterina Profico studentessa del Liceo – luoghi che aiutano i detenuti a pensare e a costruire un futuro diverso dal loro passato”. Momenti di emozione ci sono stati poi quando sono intervenuti Luigi Lainà e Denis Di Lorito, due detenuti della Casa circondariale di Pescara, redattori della rivista, autori di alcuni articoli che sono stati letti durante il dibattito: “spaesati, confusi, felici, non carcerati ma persone libere di essere se stesse senza etichette”. Ha detto Veronica Fiaschetti, volontaria di Voci di dentro, redattrice della rivista e che ha guidato con Giulia Giampietro e Michela Cristofaro il laboratorio di scrittura creativa nel carcere di San Donato: “Il laboratorio di scrittura, come quello di teatro, come l’area sartoria o musica, o sala computer, sono un mezzo per arrivare all’unico fine di creare una valida alternativa all’emarginazione e alla devianza. Noi ci crediamo. Perché c’è sempre un’alternativa”. Ha aggiunto Giulia Giampietro: “Noi siamo entrati in carcere guardando le persone non il reato…solo così si costruisce un legame, alla cui base vi è la fiducia”

 Francesco Lo Piccolo, direttore della rivista ha aggiunto: “Questo giornale fatto con i ragazzi del Liceo Vico mostra la realtà del carcere al di fuori e contro i tanti stereotipi. Un lavoro fatto insieme che ha lasciato a tutti un segno, il segno del cambiamento, il cambiamento non imposto, ma libero e interiore. Tutto questo grazie all’idea della “città”, lo spazio gestito da Voci di dentro nel carcere di Pescara frequentato ogni giorno da una quarantina di detenuti e una quindicina di volontari . Una specie di isola dentro il carcere, dove tutti danno e ricevono, perché tutti hanno qualcosa da dare, perché i muri non servono e fanno danni, perché l’errore è un errore e non una persona. E ogni persona ha diritto di essere vista e trattata come una persona e non come un errore”.

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