Scatta l’allerta alimentare in Italia per la presenza dell’Escherichia Coli, quali sono gli alimenti da riportare indietro per non correre rischi?
Già nei giorni scorsi si era parlato di un allarme simile con il rischiamo del formaggio latte crudo che aveva mandato una bambina di un anno di Cortina d’Ampezzo all’ospedale per sindrome emolitico uremica. Il Ministero della Salute è sceso nuovamente in campo per tutelare la salute di tutti e non solo dei più piccoli. Il richiamo, come già detto, è stato effettuato per la presenza di Escherichia Coli, ma di cosa si tratta? Si tratta di batteri che possono mettere a rischio le persone causando dei quadri clinici complessi.
Si parla soprattutto di gastroenterite con disturbi di gravità differente che vanno dai crampi addominali al vomito fino alla presenza di sangue nelle feci. Un problema che può essere ancora più pericoloso nei bimbi piccoli che ancora non hanno sviluppato delle difese per neutralizzare questo batterio. In questo caso il rischio, presente anche per gli anziani, di sviluppare una pericolosa insufficienza renale nota appunto come sindrome emolitico uremica.
Ricordiamo che si tratta di un batterio molto sensibile al calore e che dunque può essere totalmente neutralizzato grazie al calore. Ma quale cibo è coinvolto nell’allarme oggi?
Richiamo del Ministero, allerta sanitaria sul prodotto
L’alimento richiamato dal Ministero della Salute, per la presenza di Escherichia Coli, è il formaggio Dop Puzzone di Moena di Prezzardo e Moena Dop. Le analisi effettuate in laboratorio hanno parlato della presenza del batterio.
Il formaggio in questione è prodotto nel Caseificio Sociale di Predazzo e Moena SCA che si trova in via Fiamme Gialle 48 a Predazzo nella provincia autonoma di Trento. Per essere più precisi, i lotti richiamati sono i seguenti 24080, 24084, 24094, 24099, 24103, 24115, 24124, 24125, 24126, 24132, 24134, 24136, 24138, 24141, 24153, 24157, 24158, 24160, 24161, 24163, 24164, 24166, 24167.
Potrete identificare il formaggio anche grazie alla data di scadenza che in questo caso è pari a 90 giorni. L’azienda raccomanda di non consumare il formaggio e di restituirlo al punto vendita dove è stato acquistato per ricevere indietro il denaro speso al momento dell’acquisto. Sarà poi l’azienda stessa a risarcire il punto vendita.
Chi ha già ingerito il formaggio potrà contattare il medico di famiglia per seguire eventuali procedure richieste in seguito al contatto con il possibile cibo contaminato. Fatto sta che sicuramente la situazione non è delle più piacevoli e verranno approfondite le motivazioni che hanno portato a questa contaminazione con un alimento tanto pregiato e prodotto sempre con grande cura e attenzione.