Il cancro alla prostata interessa molti uomini ogni anno. Ora c’è una grande novità dal punto di vista epidemiologico: così potrebbe cambiare tutto
Il tumore alla proposta, una ghiandola normalmente dalle dimensioni di una noce posta davanti al retto, è decisamente comune nella popolazione maschile. Stiamo parlando, di fatto, del tumore più diffuso tra gli uomini, che aumenta la sua incidenza dopo i 40 anni d’età.
La neoplasia è dovuta alle cellule all’interno della ghiandola, che iniziano a proliferare in maniera incontrollata. Non sempre l’aumento della prostata è sinonimo di malignità: infatti, può verificarsi un’ipertrofia prostatica benigna, che dà comunque problemi ai pazienti.
I sintomi, in ogni caso, vanno annoverati all’aumento di dimensioni di una massa che occupa spazio e impedisce all’urina di passare come dovrebbe.
Se si parla del tumore, c’è una buona e una cattiva notizia. È piuttosto insidioso e non bisogna rimandare le cure – anche in questo caso, la diagnosi precoce è fondamentale per una prognosi favorevole -, ma soprattutto colpisce il 18,5% degli uomini. C’è da dire che il tasso di sopravvivenza è in continuo aumento per la modernità delle cure e lo standard di terapie efficaci: a cinque anni dalla diagnosi, sopravvive il 92% dei pazienti, uno dei tassi migliori riguardo le neoplasie.
La ricerca cambia la storia del tumore alla prostata: i due evotipi
La scienza è comunque alla costante ricerca di informazioni per cercare di prevenire, trattare e curare il cancro alla prostata, e ultimamente si è verificata una scoperta cruciale per l’urologia.
Uno studio pubblicato su ‘Cell Genomics’ ha evidenziato, infatti, che il tumore della prostata non è una malattia unica, se così si può dire, ma si evolve in due forme distinte, chiamati anche evotipi.
Si tratta di un’informazione cruciale per i medici, dato che rispondono diversamente alle terapie con ormoni e anche alla radioterapia. Ciò potrebbe portare sempre di più a nuovi paradigmi personalizzati sui percorsi di cura, indirizzando velocemente il paziente al percorso più efficace possibile. Ma non è l’unica novità.
La ricerca, che è partita dall’analisi del Dna eseguita anche con l’intelligenza artificiale su migliaia di campioni, ha ricadute epidemiologiche che non possono essere sottovalutate. Infatti, i due evotipi colpiscono in maniera differente per quanto riguarda l’età e l’etnia degli uomini.
In futuro, si cercherà di non considerare il tumore alla proposta un problema solo per over 50 e, in tal senso, screening e controlli periodici restano fondamentale per individuare prontamente la malattia e sconfiggerla.