Chieti. “Questa attività vuole lavorare e creare lavoro. Non vuole morire di tasse”. È il cuore del messaggio delle locandine che da questa mattina stanno affiggendo commercianti, artigiani, operatori turistici e dei servizi della provincia di Chieti, chiamati ad una storica mobilitazione unitaria dalle 5 principali associazioni imprenditoriali (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti).
La manifestazione si terrà il prossimo mercoledì 22 gennaio, con raduno previsto in piazza G. B. Vico con successivo spostamento verso il Comune.
“Siamo consapevoli delle difficoltà di Bilancio delle amministrazioni comunali – dicono in un documento congiunto le 5 associazioni – chiamate a far fronte a tagli continui da parte dello Stato centrale. Ma siamo altrettanto consapevoli che non possiamo essere noi, piccoli imprenditori del commercio, del turismo, dell’artigianato, dei servizi, a fare da bancomat per i Comuni della provincia di Chieti. Il ruolo, invece, al quale siamo chiamati oggi è proprio questo: dare soldi ai Comuni. Sottoforma di tasse, imposte, canoni, balzelli di ogni natura, cresciuti in alcuni casi e in alcuni Comuni, come lo stesso capoluogo di provincia, fino al 300 per cento. È evidente che si tratta di aumenti insostenibili e incivili, che minano il già estremamente precario rapporto di fiducia fra le istituzioni e le imprese, e che rischiano di dare seriamente il colpo finale all’economia delle nostre città. Nella nostra provincia sono attive oltre 41 mila piccole e medie imprese cha danno lavoro a quasi 100 mila persone. Numeri che fanno comprendere che i veri motori dell’economia di questi territori siamo noi, che tutti i giorni con coraggio, determinazione, forza di volontà, spirito di servizio e grande ottimismo apriamo i nostri negozi, i capannoni, le botteghe, gli uffici. Manteniamo vive le nostre città e i nostri quartieri, forniamo un servizio indispensabile per la qualità della vita delle nostre comunità, continuiamo a dare lavoro e intere famiglie di nostri concittadini. Alle istituzioni non abbiamo chiesto mai nulla, se non il rispetto del diritto fondamentale a poter lavorare. E in queste condizioni, lavorare sta diventando impossibile. Siamo amareggiati perché le scelte più pesanti nei confronti delle piccole imprese stanno arrivando proprio dalle istituzioni che dovrebbero essere più vicine alle nostre esigenze ed ai nostri problemi, e cioè i Comuni, che conoscono più del Governo centrale l’importanza del nostro ruolo, e che nonostante ciò hanno scelto di applicare una tassazione punitiva nei confronti delle nostre attività. In una situazione di grave crisi, a qualunque famiglia, e le nostre famiglie, prima che aziende, sarebbe stato concesso almeno il diritto di rateizzazione: a noi, invece, molti Comuni hanno negato persino questo diritto, chiedendo dunque di pagare in una unica soluzione tassazioni che essi stessi hanno accresciuto anche del 300 per cento. È evidente che sottrarre quel poco di liquidità che le aziende mantengono per sopravvivere, equivale a condannarle a morte nel giro di pochi mesi. Ci sono Comuni che lo hanno compreso: altri no. Ed è per questa ragione che oggi, simbolicamente, riconsegniamo proprio al Comune le chiavi delle nostre attività. Non lo facciamo contro la politica ‘in generale’, perché siamo imprenditori realisti, con i piedi per terra e consapevoli del momento che stiamo vivendo. Lo facciamo, invece, con estrema cognizione di causa, perché senza le nostre attività e senza le tasse che abbiamo sempre pagato, i Comuni andrebbero in default. Ed anziché trovare di fronte a noi amministratori pronti a darci una mano per tornare a creare occupazione e benessere, veniamo indicati come i bancomat cui attingere le ultime banconote disponibili. Ai Comuni della nostra provincia poniamo dunque una domanda: dopo averci sottratto queste ultime risorse, dopo averci fatto chiudere, a chi chiedere di pagare in una unica soluzione cartelle esattoriali aumentate del 300 per cento? Con quali risorse continuerete a mantenere le vostre strutture amministrative? Chi pagherà i servizi dei cittadini?”.
“I nostri associati stanno vivendo un momento di difficoltà incredibile – ha sottolineato il presidente provinciale di Confesercenti Chieti, Franco Menna – quando vediamo l’insensibilità degli amministratori, che non hanno previsto la rateizzazione, ci imbestialiamo. Il commercio fa vivere la città e le piccole imprese. Quando si dimenticano queste cose c’è il fallimento. Siamo uniti con le altre associazioni di categoria per modificare la strada intrapresa. Si sono dimenticati delle piccole e medie imprese che sono la storia dell’Italia. È la prima volta che le associazioni si riuniscono”.
“Spero che questo momento di crisi unisca le associazioni – ha affermato Dario Buccella, coordinatore regionale e segretario provinciale di Chieti di Casartigiani – sia dei commercianti che degli artigiani. Le aziende non sanno più dove andare a prendere i soldi. Poi con la concorrenza i costi aumentano ad i margini diminuiscono. Di artigiani ne sono rimasti pochi e la nostra industria si basa sull’artigianato”.
“Ormai siamo arrivati alla strette – ha rimarcato Letizia Scastiglia di Cna Chieti – chi costituisce la spina dorsale della nostra economia si vuole far sentire. Il timore è che gli Enti locali per far quadrare i loro Bilanci ci vadano a ledere il tessuto economico e sociale del territorio. Basta guardare la realtà cittadina in cui molte aziende e attività importanti e storiche stanno chiudendo. Noi consegneremo le chiavi delle nostre attività alle Istituzioni e questo è un segnale forte”.
“È un momento drammatico – ha detto Marisa Tiberio, presidente provinciale di Confcommercio Chieti – nessuno si può più permettere di giocare con le famiglie che stanno vivendo un momento di grossa difficoltà. Se non abbasseranno le tasse le aziende in Abruzzo non rinasceranno più e quelle che ci sono chiuderanno. I commercianti i soldi per pagare le tasse non li hanno e per pagarle devono fare debiti su debiti con i prestiti. È un segnale forte delle imprese locali, il tempo è scaduto. C’è bisogno di un atto di coraggio da parte degli amministratori locali”.
“Non possiamo permetterci di chiudere – ha concluso Claudio Di Marzio di Confartigianato Chieti – stiamo andando allo sfascio. Dobbiamo essere uniti perché il barile è colmo. Solo essendo uniti possiamo dare un segnale forte alle Istituzioni. Negli ultimi giorni è comparso uno sport contro l’evasione fiscale in cui si diceva di eliminare i parassiti, io dico che i parassiti non siamo noi ma sono loro. Ci dobbiamo far sentire tutti insieme”.
Francesco Rapino