Donazione della casa, vediamo come cedere ai figli le proprietà immobiliari. Quando si corre il pericolo di finire in tribunale.
Una coppia sposata o civilmente unita decide di donare la casa ai figli, anticipando così i tempi della successione. Non si tratta certo di una circostanza rara, tutt’altro. Capita spesso nelle vicende familiari, ma allo stesso tempo non è raro che sorgano litigi e discussioni tra i membri della stessa famiglia.
Così si rischiano cause civili, lunghe e dispendiose che scuotono emotività e relazioni, lasciando strascichi e risentimenti. Come deve comportarsi allora una coppia che intenda procedere alla donazione di un immobile? Ci sono delle limitazioni da rispettare in questa procedura? Vediamo insieme che cosa dice la normativa in vigore sulla materia.
Donazione della casa, cosa sapere sulle norme
Diciamo immediatamente che una persona finché è in vita può disporre pienamente delle sue proprietà. Infatti secondo la norma finché la successione non si apre, i futuri e possibili eredi non hanno alcun diritto da far valere. In estrema sintesi nessuno è tenuto a lasciare parte o tutte le proprie sostanze agli eredi, anche ai figli.
Ma resta quindi la possibilità di donare i propri beni a un figlio piuttosto che a un altro. Al momento della morte del proprietario però le cose cambiano e l’apertura della successione modifica e coinvolge quanto è presente a quella data. La legge non prevede la difesa delle aspettativa di eredità, ma tutela concretamente i diritti dei cosiddetti eredi legittimari, quindi coniuge, figli e ascendenti (i genitori cioè).
Si tratta, come è facile intuire, dei familiari più stretti per i quali la legge riserva la quota di legittima, come viene chiamata in termini giuridici. Si tratta della parte ideale dell’eredità, al di là delle disposizioni dei proprietari quando erano in vita. Quindi in vita una persona può decidere tranquillamente di donare un casa a un determinato figlio, disponendone pienamente.
Così come può stabilire quale particolare bene donare al singolo figlio. Tuttavia si corre un pericolo molto concreto. Al momento della successione uno dei figli potrebbe ritenere che la sua parte di legittima, come detto la quota minima di eredità che la legge gli riserva in quanto erede legittimario, sia stata lesa. In un caso del genere il ricorso al giudice è molto probabile, come riporta anche il giornale Nuovo.
Un erede legittimario che ritiene lesi i suoi diritti nella successione ha a disposizione 10 anni di tempo per agire in tribunale e chiedere la revoca delle donazioni effettuate, anche di immobili a uso abitativo, per reintegrare la sua quota di eredità.