Domenica 22 aprile, alle 13.40, nel corso del programma “l’Arca di Noè” condotto dalla giornalista Maria Luisa Cocozza subito dopo il Tg5, andrà in onda una nuova puntata della rubrica “wild man” presentata dal falconiere abruzzese Giovanni Granati, che per il secondo anno consecutivo racconta attraverso lo schermo l’arte millenaria della falconeria.
“Nella prima stagione”, spiega Granati, “ci siamo soffermati sulla ricostruzione storica di questa antica arte, spiegando dettagliatamente tutte le fasi che ha percorso ed i relativi rapaci che si sono affiancati all’uomo. In questa stagione invece, abbiamo deciso di raccontare il rapporto simbiotico che si crea tra questi animali e l’uomo e le storie di addestratori-falconieri italiani ed internazionali.
E così ci siamo ritrovati a percorrere la stessa strada storica spiegata nella prima stagione ma questa volta a ritroso, partendo dall’Italia e dall’Europa con interviste a falconieri francesi ed ellenici che conservano ancora quel tocco artistico che ci invidiano in tutto il mondo, per poi finire in Medioriente, tra sceicchi, sultani e falconieri i-tech specializzati sulle moderne tecnologie; nel deserto arido e caldo che circonda Dubai ,ci siamo accorti come questi animali vengano ancora considerati e rispettati come status, ma soprattutto come il rapporto tra tecnologia e tradizione venga rispettato da queste popolazioni, che ne hanno fatto il loro punto di forza anche a livello economico, cosa che purtroppo risulta essere contro corrente nella moderna cultura occidentale che anzi continua a divergere ed attaccare ciò che sono le proprie radici o meglio la propria identità”.
Il 22 aprile verrà mandata in onda la puntata fulcro di questa stagione: un viaggio tra Kazakhstan e Kirghistan che Granati ha affrontato con il noto falconiere kazako bakyt karnakbayev, presidente della federazione falconieri Asia, Africa e Oceania e l’ornitologo del kirghistan kurvantai bilaldinov(nel territorio del kirghistan).
“Abbiamo affrontato un viaggio in macchina paragonabile al perimetro dell’Europa” prosegue, “passando dalla fredda città di Almaty, percorrendo la via della seta fino a taraz, affiancati dagli altipiani innevati e dalle infinite steppe Kazake che ci hanno offerto un panorama surreale per ore e ore di viaggio; per arrivare in kirghistan vicino al lago ysykool così grande da offrire nel territorio perimetrale un clima mite rispetto alle rigide temperature del luogo che possono arrivare fino a -30 gradi in inverno.
I momenti più cruciali di questo viaggio avventura, sono stati affrontati nel deserto al fianco del piccolo villaggio di zambyl , con una notte passata a -40 gradi e il viaggio a cavallo con le aquile sulle montagne nere, dove insieme ai nomadi del luogo, abbiamo visto l’estrema agilità di volo e forza delle grandi aquile reali kazake. Bakyt è stato per me oltre che un accompagnatore, un gran maestro di vita spiega granati; anche se per pochi giorni, abbiamo condiviso le nostre strade, viaggiando, dormendo ed affrontando tutti i rischi e pericoli di un luogo che in inverno risulta essere veramente ostile”.