Stavolta prendiamo in considerazione vini “strani” o comunque diversi sia come caratteristiche organolettiche che come tecniche di produzione; i disciplinari (doc. docg, dop) introdotti nell’ultimo decennio servono a dare regole per tutelare sia il territorio che il consumatore tuttavia possono, in alcuni casi, tarpare le ali alla fantasia e conoscenza di alcuni viticoltori che vogliono andare al di la degli schemi!
Per far ciò, il produttore “visionario”, rinuncia alle varie denominazioni adottando la semplice i.g.t. cioè indicazioni geografica tipica che da molta libertà di utilizzo di tipologie di vitigni, di metodiche di vinificazione ecc. come, ad esempio, il non utilizzo del legno per l’affinamento; però, dietro l’i.g.t., si può nascondere anche una bufala quindi dovrete fidarvi del vostro enotecario che ci mette la “faccia”!
Solita splendida location (Villa S.Angelo) ma con piscina all’aperto “colma” ed illuminata preludio di una serata top! in degustazione 4 vini tutti i.g.t.. di regioni diverse e tecniche di vinificazioni diverse: un uvaggio, un monovitigno e due assemblaggi!
Il BellOvile toscana i,g,t, dell’Azienda Serègo-Alighieri (leggi articolo sull’amarone) è un uvaggio cioè composto da uve diverse, raccolte in periodi diversi ma vinificati quindi fermentati assieme, nello stesso tino di fermentazione e, se fatto bene, permette di amalgamare tutte le diverse caratteristiche delle uve quindi di ottenere un vino più interessante! I vitigni autoctoni toscani sono il sangiovese di Toscana (il più importante perchè vitigno dei blasonati chianti e brunello), il canaiolo ed il ciliegiolo due vere chicche in quanto rari e radicati nella zona di Montecucco (GR); è un vino poco alcolico, biologico ma con tanta complessità aromatica con un olfatto ricco di frutti di bosco ed un palato nettamente diverso dagli altri vini toscani con quelle sensazioni di prugne e spezie dolci che lo rende elegante e ricco di personalità! Il vino da tenere sempre a casa (anche perchè abbinabile a tutto) specie quando il “muscoloso” e monotematico montepulciano d’abruzzo risulti troppo invadente con ciò che andremo a mangiare; è un bell’esempio di uvaggio perchè ha lo “scheletro” del sangiovese, la sapidità del canaiolo e la complessità del ciliegiolo! Abbinamento con pizza di solina (varietà autoctona abruzzese di grano tenero) e prosciutto ed “acqua di pomodoro” e lonza; prezzo in enoteca 11 euro!
Il nome del vino si riferisce al passo della divina commedia in cui Dante (di cui il produttore del vino rappresenta la ventunesima generazione) agogna il ritorno al bell’ovile cioè Firenze durante il suo esilio forzato.
Toscano anche il secondo vino ma frutto di un assemblaggio ad opera di un illustre enologo toscano al secolo Roberto Cipresso tanto visionario ed innovatore quanto presuntuoso nel denominarne l’etichetta PIGRECO, nome “pesante” della costante matematica considerata infallibile nella geometria piana; da qui l’assonanza (per Cipresso) con il mix perfetto di vitigni per ottenere l’eccellenza!
Innanzitutto diciamo che in questo caso la vinificazione delle diverse uve avviene separatamente e con tempi e metodiche DIVERSE per poi, a vini pronti, assemblarli cioè unirli con percentuali diverse in base al risultato che si desidera; non è cosa facile, l’assemblatore è come un pittore che si appresta a comporre un quadro, ha i colori (vini) a disposizione ma deve usarli in modo tale che si vedano tutti ottenendo il risultato che si è preposto!
Ovviamente, ci sono esempi riusciti ed altri meno; personalmente preferisco l’uvaggio! Le uve in questione sono il cabernet sauvignon, il merlot ed il Syrah (vitigni internazionali ma in questo caso coltivati in toscana), l’Alicante (vitigno spagnolo ma di origine francese) e la marselan (vitigno di origine francese ottenuto da un innesto di cabernet e grenache) anche questi coltivati in Toscana.
Al naso è risultato molto accattivante con una complessità notevole ma in bocca si è nascosto dietro il “vanigliato” della barrique (piccola botte di legno da 225 litri) per “timidezza ” o per non svelare la mediocre trama tannica; è pur vero che ha dovuto confrontarsi con un carpaccio e tartufo invernale prima e con uno gnocco lime e menta successivamente che hanno dimostrato notevole personalità oramai marchio di fabbrica di Flavia e Stefano Esposto. Costo in enoteca 12 euro.
Col terzo vino siamo tornati al classico monovitigno ma al di fuori del disciplinare; Contrario, infatti, è il nome che il produttore storico di Montefalco Antonelli ha dato al suo nuovo Sagrantino SENZA utilizzo del legno per l’affinamento (come prevede il disciplinare del sagrantino docg) ma solo acciaio per 18 mesi, vasca di cemento per 3 mesi e poi bottiglia!
L’obiettivo del produttore era di proporre una versione giovane e per questo pura dell’uva sagrantino (da sacrestia quindi sacro in quanto vitigno importato dall’asia minore ad opera dei francescani nel 1200) che con lavorazioni ed invecchiamenti protratti in legno risulta più “morbido” cioè meno astringente ma perde molti sentori originari! Ciò ha un costo di produzione maggiore perchè bisogna aspettare che il tempo levighi un tannino potente e quindi il vino può essere messo in vendita solo dopo 5 anni dalla vendemmia ma il risultato è un vino di colore rosso rubino carico con un olfatto non solo di frutti rossi ma anche speziato ed agrumato, sensazioni che si ripetono in bocca con una persistenza infinita!
Si abbina a tutto, non ha paura di niente e di nessuno con un costo in enoteca di soli 13 euro! L’azienda Antonelli San Marco produce anche la versione docg (30 mesi di legno) ma ad un costo di 23 euro oltre alla versione originaria passita quindi dolce che nel medioevo era considerato vino di corte e da messa! L’abbinamento gastronomico del “Contrario” è stato un bel raviolo di burrata e scorzone (tartufo nero estivo), una bella competizione sancita con un arrivo mano per mano ex aequo!
Come ultimo vino mi sono rivolto ad un’azienda “giovane” fondata nel ………..1731! Scherzi a parte, siamo in Alto Adige, regione in cui l’innovazione è utilizzata solamente per affinare l’antico sapere delle vecchie generazioni che è tanta roba potendo inoltre contare su solide basi economiche! Qui ci si concentra sull’obiettivo ed il relativo mezzo dovrà essere conosciuto ed approvato dai “vecchi” viticoltori; Peter Solva è il nome dell’azienda ed Amistar quello del vino, un assemblaggio di cabernet sauvignon, merlot e lagrein (uva autoctona dall’aroma di viola) per il 90% poi 5% di cabernet franc (nessuna parentela col cabernet sauvignon, sono proprio diversi) e 5% di petit verdot (dal francese piccole e verde) un vitigno arrivato dalla Francia (Linguadoca) che dona raffinatezza, tannino potente ed un aroma inconfondibile di geranio e lillà!
Le diverse uve vengono vinificate separatamente in acciaio inox a temperatura controllata (se si alza troppo la temperatura, si perdono gli aromi) quindi viene fatto il salasso per avere più bucce su meno mosto; a fermentazione svolta, tutte le varietà vengono assemblate ed immesse in barrique per maturare assieme per un anno!
Quindi vini diversi che però “coabitano” per 12 mesi amalgamandosi per offrirci una notevole complessità al naso e in bocca con una buona struttura ed un aroma di prugne essiccate a farla da padrone!
Doppio abbinamento per questo vino: agnello croccante e carciofi più la cioccolateria fondente che Stefano Esposto custodisce gelosamente per le carenze affettive! Sì, è anche uno splendido vino da meditazione tipo Amarone ma con più “sapore” data l’antichità dei vigneti! Costo nella mia enoteca (perchè ce l’ho solo io) 30 euro.
Per concludere, un distillato: il Calvados! E’ un distillato di sidro di mele quindi succo di mela fermentato prodotto fin dal 1700 nella regione della Normandia (nord della Francia) dipartimento di Calvados; la pronuncia è spagnola qiondi con la s marcata si dice perchè nome di un galeone dell’armada spagnola affondato dai francesi sulle coste della Normandia nel 1700 ma, in realtà, il nome Calvados trae origine da due grandi dossi calvi perchè coperti solo lateralmente da vegetazione (da qui in latino dorsa-dosso e calva-calvo) che fungevano da “faro” per l’attracco alle imbarcazioni!
In Normandia esistono più di cento tipologie di mele ma solo una quarantina vengono usate per il Calvados, scelte in base al grado di acidità, amarezza e dolcezza infatti in fase degustativa evidenzia un bel fruttato al naso che si conferma in bocca ma alla fine risulta secco e ciò è dovuto oltre alla distillazione all’alto grado di acidità ed amarezza di quelle mele! L’abbinamento con un dolce si è rivelato azzeccato con una “crema e mela” preparata con cura da Flavia Esposto.
La versione degustata è stato il calvados Pays d’Auge ( è la tipologia migliore perchè distillato col metodo discontinuo che permette di depurarlo dei residui nocivi dell’alcool) di Astrid Hubert 2010 (anno di raccolta delle mele) con 4 anni di affinamento in botti; ne esistono versioni affinate 10 o più anni (ne ho una del 1980 affinata 32 anni in botte) che all’assaggio sono meno pungenti come sensazione alcolica ma perdono una certa quantità di aromi originari (fruttato)!
osta 33 euro in enoteca ed è uno di quei distillati da tenere sempre a casa a causa della sua polivalenza e facilità di beva!
Infine, un pò di statistica sull’indice di gradimento dei degustatori: il più gradito è risultato l’Amistar poi il Pigreco quindi il BellOvile ed ultimo il Contrario (che è quello che mi è piaciuto di più e la dice lunga sulla soggettività dei degustatori)! Abbiamo mangiato e bevuto bene e consapevolmente in un clima quasi familiare ma ciò che mi riempie il cuore di gioia è l’espressione felicemente confusa dei degustatori dopo aver assaggiato un nuovo vino!
Ho visto facce a forma di punto interrogativo che per me significa aver centrato l’obiettivo! Alla prossima, molto probabilmente di bollicine e vini bianchi!
Stefano Grilli – Enoteca Saraullo Tel 0861787751
Per appuntamenti e degustazioni private, messaggiare via whatsapp al: 333.6441563