Il primo di questi brevetti intitolato ‘Un nuovo procedimento per la produzione di piante micorrizate con tartufi’ è il punto di arrivo di molti anni di ricerche sulla fase vivaistica della tartuficoltura. E’ stato preceduto da altri due brevetti del Laboratorio ottenuti nel 1995 e 2015, il primo dei quali fu utilizzato per l’attività del Vivaio Regionale ‘Mammarella’ di Sant’Elia gestito dalla Coop. VIABA. Questa nuova tecnica permette di abbreviare i tempi di produzione delle piante tartufigene migliorandone la qualità e nel contempo di avere una seconda attività economica collegata alla produzione vivaistica.
Il secondo brevetto rappresenta una assoluta novità nel campo alimentare che potrebbe avere una grossa ricaduta nel settore dei prodotti lattiero-caseari della Regione Abruzzo. Non a caso il suo titolo è ‘Prodotto caseario e procedimento per la produzione di detto prodotto caseario utilizzando i tartufi come agente coagulante del latte’.
Anche in questo caso l’idea è nata dai risultati ottenuti nel corso dell’ultimo decennio nello studio della genetica dei tartufi. Va ricordato che nel 2010 la rivista Nature pubblicò il sequenziamento del genoma del tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum) e tra gli autori c’erano i professori dell’Ateneo aquilano Michele Miranda e Giovanni Pacioni, oltre al prof. Mirco Iotti, ora responsabile del Laboratorio di Micologia. Le ricerche scientifiche sono proseguite in collaborazione con i genetisti e biochimici del Dipartimento fino a quando sono iniziate le indagini sui processi di Morte Cellulare Programmata (PCD) che hanno fatto scattare la scintilla dell’idea di usare i tartufi come caglio. Si è giunti al brevetto anche grazie alla collaborazione con il prof. Gianpiero Negrini dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Ottavio Colecchi” dell’Aquila, grande esperto di processi caseari.
Il prodotto finale è un formaggio a pasta molle contenente tartufo triturato dal quale prende sapore ed odore. Un prodotto nuovo perché sinora i formaggi e latticini vari con tartufo sono prodotti con i metodi di caseificazione tradizionale che utilizzano caglio animale o vegetale ai quali si aggiunge poi tartufo pastorizzato ed aromi. Qui invece il tartufo viene aggiunto al latte e con un adeguato procedimento si ottiene il formaggio. In una Regione come l’Abruzzo dove la produzione dei formaggi rappresenta una delle maggiori attività agricole, poter disporre di una nuova tipologia di prodotto potrebbe aggiungere una nuova possibilità alle filiere del tartufo e dei latticini.