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Poggiofiorito, scomparsa del poeta Camillo Coccione: interviene il critico letterario Massimo Pasqualone

In Abruzzo parlare di musica e di poesia vuol dire parlare della famiglia Coccione, una vera e propria istituzione culturale, all’insegna della ricerca delle tradizioni e del verso. Poggiofiorito, in provincia di Chieti, ha dato i natali al padre Tommaso, che, nato il 2 gennaio 1905 da famiglia contadina, emigrò a soli 16 anni negli Stati Uniti d’America, dove già lavorava il padre Vincenzo e lì, a Seattle, iniziò a studiare musica con i più importanti maestri, divenendo uno dei migliori fisarmonicisti dell’epoca.

Fece parte di importanti orchestre e tenne diversi concerti nei più noti teatri americani. Tornato in Italia negli anni trenta, riuscì a trasmettere alla canzone popolare un nuovo messaggio, tanto che Guido Albanese lo chiamò per interpretare le canzoni della Maggiolata ortonese del 1938, anno in cui a Roma si esibì, insieme al Coro di Poggiofiorito, in occasione della visita di Hitler, suonando come solista e dirigendo un’orchestra di circa 300 fisarmoniche. Nel 1939 partecipò al film Torna caro ideal sulla vita di Francesco Paolo Tosti. Si dedicò all’insegnamento a Poggiofiorito (Chieti), ma l’8 luglio 1941 morì all’età di 36 anni per una grave malattia. Il primo figlio, Vincenzo, nacque il 9 febbraio 1937 e, rimasto orfano del padre a soli 4 anni, si dedicò successivamente da autodidatta allo studio del pianoforte e della fisarmonica, appassionandosi alla tradizione e componendo una lunga serie di fortunati successi raccolti in diversi volumi tra cui ricordiamo: La partenze, Dimmi di scì, Nanna nanne, opere con le quali vinse innumerevoli concorsi regionali e nazionali. Con la collaborazione del fratello Camillo, che scriveva i testi delle sue canzoni, organizzò per oltre dieci anni un Concorso di Poesia dialettale abruzzese dedicato al poeta poggese Tommaso Di Martino e due Concorsi nazionali, dedicati a “Tommaso Coccione”, istituendo il Museo dell’Arte e del folclore Abruzzesi, che raccoglieva spartiti musicali di canti abruzzesi, oltre a testi di poesia, di paesaggistica, di storia e di letteratura varia sempre di autori abruzzesi. Tommaso Di Martino, nato a Poggiofiorito il 31 marzo 1885 e morto a Chieti nel 1960, fu ufficiale di carriera nell’Arma di Fanteria, combattente della prima e seconda guerra mondiale, raggiungendo il grado di Generale di Brigata. Profondo cultore delle lettere ed appassionato poeta dialettale, scrisse i testi di moltissime canzoni abruzzesi ed alcune composizioni in lingua Italiana.

Camillo, secondogenito, nasce a Roma il 22 febbraio del 1940, ma vive a Poggiofiorito da sempre. Consegue il diploma di Aspirante al Comando delle navi della Marina mercantile italiana e durante il suo periodo di imbarco, in qualità di Allievo Ufficiale, scrive poesie ed una serie di racconti dedicati al mare, uno dei quali, Sono un marinaio, nel novembre del 1967 si aggiudica il Premio al Concorso Nazionale “Il Navigante” di Portofino. Ben presto, abbandona la produzione in lingua per dedicarsi esclusivamente a quella in vernacolo, pubblicando diversi volumi tra cui ricordiamo: Vulije di cante (1988), con prefazione di Giuseppe Antonio Mariani di Chieti, Scenne ‘m bacce a ssole (1998), con prefazione di Nicola Fiorentino e presentazione di Achille Serrao di Roma, Valle Cicchitte (2004), Na sciarpe di stelle (2012), sempre con la prefazione di Nicola Fiorentino. Le sue poesie vengono pubblicate su riviste nazionali specializzate, su Antologie e testi di critica letteraria. Nel 2008 pubblica La storia di Poggiofiorito e la raccolta di racconti sulla vita e sul mare Sono un marinaio. Seguono tanti altri libri. Scrive Giuseppe Antonio Mariani: “Camillo Coccione s’inserisce di forza nel circuito della poesia in vernacolo: con le carte in regola e con un asso vincente sul dilettantismo melenso, ripetitivo di moduli insinceri… e induce e comanda una poetica nuova, perché congrua alla moderna sensibilità, e una poetica antica, perché posta in ascolto del canto che fu”.

La scomparsa di Camillo Coccione lascia un vuoto in tutta la comunità culturale abruzzese.