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Notaresco, le indulgenze ‘dimenticate’ della festa di San Gennaro

Come e quando èarrivato a Notaresco il culto di San Gennaro? La curiosità deriva dal fatto che pochissime sono le città che vantano il patronato del Vescovo ucciso, secondo la leggenda, dal Governatore della Campania Dragoniano il 19 settembre del 305.

Smbolo indiscusso di Napoli, che annualmente aspetta trepidante la liquefazione del suo sangue attribuendo all’evento caratteri di buon auspicio. Secondo la leggenda il sangue, dopo la decapitazione, fu raccolto in due ampolle da una donna di nome Eusebia. Nel corso dei secoli le donazioni di sovrani, uomini illustri e gente comune sono confluiti nella Cappella del Tesoro di San Gennaro, istituzione laica nata nel 1527 per un voto della città di Napoli.

Tornando Notaresco, il suo culto, secondo le ultime ricerche di Riccardo d’Eustachio, si perde nella notte dei tempi, ma sicuramente l’innalzamento a Santo patrono deriva da qualche avvenimento negativo al quale si attribuisce a lui la fine. Tante, infatti, sarebbero state le calamità naturali o epidemiche che colpirono Notaresco e il Regno di Napoli tra il 400 e il 600.

“Sappiamo di certo  precisa – che nel 600 la cappella di San Gennaro di Patronato del Barone Francesco Coletti era ubicata come ora nella chiesa di San Pietro, e ad essa era stata annessa la cappella di San Sebastiano con tutti i sui beni. I Baroni Coletti erano arrivati a Notaresco, forse dal Lazio ai servizi degli Acquaviva d’Aragona, una delle sette famiglie più potenti del Regno. Sicuramente gli Acquaviva, che a Napoli appartenevano al seggio del Nilo, potrebbero aver avuto un ruolo sull’arrivo a Notaresco della sua devozione. I legami della casata con il Santo possono essere riassunti con la nomina di Rodolfo Acquaviva nel 1755 a Cavaliere dell’ordine di San Gennaro, e con la donazione di una preziosissima croce reliquiaria fatta dal cardinale Francesco alla Cappella del Tesoro di Napoli. Da una visita pastorale del 1674 sappiamo che la cappella aveva l’obbligo di una messa quotidiana, mentre dal Catasto onciario del 1752 che la cappella era chiamata anche Badia, forse per il suo enorme ‘tesoro’ di terreni che ammontava a 185 tomolate, terreni nella quasi totalità in contrada di Cagnano. Alla festa di San Gennaro era annessa anche l’omonima fiera del bestiame importante per l’economia locale, ma che purtroppo, come tante altre fiere annuali sono andate perse nel dopoguerra”.

Nelle ricerche dello storico di Notaresco è comparso un nuovo e importante documento (nella foto, ndr) che aggiunge importanti tasselli alle scarne notizie pervenuteci , sia sulla festa, sia sulla fiera. “E’ la richiesta inoltrata dal Barone Rinaldo Coletti alla camera della Sommaria di Napoli per istituire due giorni di fiera annuali in concomitanza di San Gennaro, e che ci dà la data della prima edizione della fiera: il 19 settembre del 1700. Trecentoventuno anni fa. Il Barone motiva la richiesta per la grande affluenza di fedeli provenienti da sempre da tutta la provincia il giorno della festa del ‘Glorioso San Gennaro’ per lucrare le indulgenze concesse da “Sommi Pontefici a questa festa”. Queste sono notizie che si sono perse nel tempo, ma che danno la dimensione di quello che rappresentava il culto del Santo di Napoli a Notaresco e provincia. Allo stato attuale non si conoscono i nomi dei Pontefici che concedettero le indulgenze, ma in futuro un attenta ricerca potrà svelarne l’identità e magari capire se le indulgenze fossero anche plenarie”.

“Nel 2020 a Napoli un comitato promotore di cui fanno parte i più importanti enti ed associazioni della città, ha avviato l’iter per il riconoscimento del culto di San Gennaro patrimonio immateriale Unesco coinvolgendo nel progetto altri enti e chiese in Italia e nel mondo legati nella sua devozione, che secondo una stima i fedeli sono circa 25milioni. Notaresco ha aderito”, conclude d’Eustachio.