“Voi ragazzi oggi siete stati chiamati qui ad una grande sfida – ha detto ai ragazzi il vescovo – ma se siete qui è perché riuscite a capire la periferia. Lui ha fatto grandi cose proprio partendo dalla periferia. Oggi qui vedo dei bambini piccoli, quindi la Tendopoli nei suoi 34 anni è stata feconda. Questi bambini rappresentano un passaggio generazionale. E allora vi auguro, soprattutto a coloro che sono qui come genitori, di riuscire a trasmettere ai vostri figli l’amore, la fede e la speranza che la Tendopoli vi ha trasmesso in questi anni”.
Al vescovo ha fatto ecco il padre provinciale che si è rivolto ai giovani presenti dicendo loro “Gesù è presente nelle periferie del mondo ed è lì che dobbiamo tornare. Se vi sentite inadeguati, ragazzi, non preoccupatevi perché è il Signore che farà grandi cose attraverso di voi. Non vi farà mancare le indicazioni giuste”. A chiudere i saluti padre Panetta, che ha detto: “La periferia è il luogo scelto da Dio e allora la vostra presenza in questa 34 Tendopoli è il segno dell’impegno con cui volete vivere la società ed abitare la periferia dell’umanità”.
Grande emozione ieri sera per l’arrivo della Fiaccola della Speranza, portata in staffetta dai podisti di Montorio al Vomano. Ad accoglierla, insieme all’assessore al turismo del comune di Isola Piergiorgio Possenti, il vice sindaco di Colledara Gesidio Frale e il vice sindaco di Montorio Andrea Guizzetti, l’entusiasmo delle centinaia di tendopolisti che hanno concluso la loro prima serata ammirando i fuochi pirotecnici.
Questa mattina i tendopolisti sono entrati nel vivo della discussione con la prima relazione “Abitare le periferie dei giovani” di don Michele Falabretti, direttore del servizio nazionale per la pastorale giovanile, che ha entusiasmato i ragazzi. “Quando ho visto il tema della Tendopoli ero in difficoltà – ha esordito Falabretti – il Papa ha usato una bellissima espressione quando ha parlato di periferie. Ma va usata con delicatezza. Tutti parlano di periferie, è una parola che sembra risolvere tutto e invece significa mille altre cose. Una parola che ci richiama concetti non semplici, cerco di usarla meno possibile anche se affascinante. Fin da piccolo mi sono chiesto: “Perché Dio non l’ha fatta un po’ più semplice?” La vita avrebbe poteva essere meno faticosa. Perché Dio non ha proiettato un bel film sul cielo come fosse una pellicola, magari spiegandoci tutto: cosa fosse il nascere, il morire, il soffrire, l’innamorarsi? Perché non ci ha raccontato tutto una volta per tutte?” Ha scelto un’altra strada: la vita, la persona e la storia di Gesù. Uno che é vissuto 33 anni e di cui conosciamo solo gli ultimi tre. Ha fatto tutto quello che facciamo noi: è stato un bambino in difficoltà, è fuggito dall’Egitto come oggi fuggono i profughi e arrivano sulle nostre coste. Li vediamo viaggiare in gommone e ci chiediamo perché non restano nella loro terra. Come loro, Gesù è un profugo sin dalle prime ore: non c’era posto per lui. Rientra, va a Nazareth: un buco, la periferia dell’impero. Lì impara tutto: come mangiare, pensare e parlare. Tutti i passaggi di un’infanzia normale. Avrà ascoltato qualche maestra a scuola, anche annoiandosi. E adolescente si sarà innamorato, si sarà chiesto cosa fare della vita, avrà avuto gli amici, avrà fatto qualche scherzo, avrà avuto qualche corteggiatrice. Poi passa il tempo, quello in cui cuce la sua vita e la tiene insieme, costruendola. Dai tre anni successivi riusciamo poi a capire cosa è successo prima. Capiamo che Dio è entrato nella nostra vita attraverso Gesù, capiamo che la vita non si costruisce in due ore e che il senso dell’esistenza va scoperto da soli, un po’ alla volta.
Papa Francesco, venendo dalla periferia del mondo, ci fa girare lo sguardo, ci dà un’altra prospettiva. Per vivere davvero è necessario andare in periferia, toccare i punti più nascosti della nostra esistenza. Quando Dio va in periferia incontra qualcuno e gli cambia la vita. È lì che le persone trovano la felicità. Il Papa parlava di periferie esistenziali e l’esistenza ha luoghi più visibili e luoghi più nascosti. La periferia va quindi guardata in questi due modi: attraverso se stessi e attraverso gli altri. Periferia dal greco significa “portare verso il centro”, sta attorno ma è collegata. Oggi le periferie sono spesso luoghi di degrado, soprattutto nelle grandi metropoli come le grandi fabbriche di Milano. Ma che rapporto c’è con il centro? Ciò che sta attorno a noi, non vuol dire andare per forza lontano. Vivere le periferia significa accorgersi che attorno a noi ci sono persone e situazioni che fanno fatica a stare collegati con il centro, dove si forma la vita, e creare con loro relazione. E poi abbiamo le periferie dentro di noi. Abbiamo tutti un centro storico: mamma, papà e la nostra infanzia. A questo pensiamo quando vogliamo sicurezza e amore. Lì troviamo gli affetti e la certezza della nostra esistenza. Ma poi ci sono anche le periferie. Tutti abbiamo fatto tentativi non riusciti, abbiamo abitato luoghi e relazioni che poi abbiamo abbandonato. Abbiamo cercato affetti che non abbiamo trovato. Costruito storie e percorsi di vita, di studio e lavoro da cui siamo tornati indietro. Sono tutti pezzi di storia più o meno lunghi che non consideriamo centro ma che sono comunque parte della nostra storia. Sono le nostre periferie, che ci fanno paura. Chi vive la periferia cerca di riconciliarsi con la propria vita e non considera il fallimento come distruzione o come una cosa da dimenticare. Gesù passa nelle nostre periferie e ci dice di non aver paura e di ricominciare. I suoi trent’anni gli hanno permesso di capire chi siamo noi e chi dovremmo essere, restituendoci il suo insegnamento. Fosse per noi distruggeremmo le periferie ma Gesù non butta via niente recupera tutto e ci dice che tutto può essere trasformato in bene, in vita, in futuro. Giovani, vi viene mai il dubbio di star sbagliando nella vita? I nostri dubbi ci spaventano, ma ragionare sulle periferie della nostra vita in questi termini significa ragionare in termini di speranza. Significa anche non rassegnarsi alla mediocrità e avere curiosità e intelligenza. Impiegarle per creare relazioni e affetto, ricucendo così le periferie e cogliendo i due bisogni essenziali dei giovani. L’ottica di fede è sapere di essere abitati da Dio e non rassegnarsi alla mediocrità. Le nostre periferie sono mediocrità ma noi non ci rassegniamo . Ci alziamo dalla pianta e decidiamo: da oggi sarà diverso. Con calma, prendendoci il tempo che serve. Bisogna vivere pensando di non dover tagliare. Per rendere fecondo un luogo bisogna portare affetti e relazioni. Anche quando siamo nel nostro piccolo, dobbiamo pensare in grande. Non cediamo al vizio tutto italiano di piangerci addosso. C’è il Signore che passa. Dobbiamo coinvolgere e non pensare di stare da soli. Quando si è insieme ragazzi – ha concluso Falabretti – e ci si tiene per mano ce la facciamo!”.
In serata tend fest con il gruppo interparrocchiale “Monsanpietro Morico e Montottone” che presenteranno il musical “C’era una volta un pezzo di legno”.
Mentre domani, giovedì 21 agosto alle ore 9.30 tavola rotonda, moderata da don Antonio Rizzolo (direttore di Jesus) sulle “Periferie: pari opportunità”, alla quale prenderanno parte don Daniele Simonazzi, l’imprenditore Claudio Loccioni, il commercialista Marco Ginanneschi e il professore Massimiliano Cordeschi. Nel pomeriggio alle 15.00 l’atelier e in serata il tend fest con il musical “La bottega dell’orefice” della Compagnia Star Rose Academy, dove si è formata artisticamente suor Lucia Scuccia vincitrice del programma The voice of Italy 2014, diretta da Claudia Koll, che nel 2011 ha offerto alla Tendopoli una testimonianza della sua conversione. La Bottega dell’Orefice è una breve piéce teatrale in tre atti scritta in Polonia nel 1960 da Andrzej Jawen (pseudonimo proveniente dalla letteratura polacca di Karol Wojtyla, allora giovane vescovo di Cracovia) sul tema dell’amore coniugale.
Venerdì 22 agosto Sergio Tanzarella parlerà di come “Le periferie cambiano la storia”. Nel pomeriggio si terranno il consueto deserto e la festa della riconciliazione, prima della via crucis serale alle ore 21 sul piazzale del Santuario.
Sabato 23 agosto la Tendopoli chiuderà con la Festa dei giovani e la tradizionale marcia a piedi Isola – San Gabriele. Alle 11.00 è prevista la messa presieduta da sua Eminenza il cardinale Dionigi Tettamanzi e poi, come tradizione vuole, la foto ricordo davanti al vecchio Santuario. Nel pomeriggio alle ore 14.00 i saluti con il gruppo di animazione della Tendopoli.
Potete seguire la Tendopoli on line sul sito www.tendopoli.it e sui canali social Facebook (Tendopoli di San Gabriele Onlus) e Twitter (@Tendopoli_IT), digitando gli hashtag ufficiali: #accendilasperanza #tendopoli2014.