“È un testo autobiografico – ha spiegato l’autrice – e l’originalità sta nel fatto che questo tema, che è attualissimo, è raccontato sotto il punto di vista femminile. Ho parlato del Libano, ribadisco che le missioni di pace servono i nostri militari non vanno lì per uccidere, ci sono delle famiglie che attendono. Vedendo i due Marò lì e vedere la moglie mi fa emozionare solo a pensarci. Chieti non la conoscevo, questa iniziativa è stata voluta dal consigliere Marco Di Paolo che ho conosciuto casualmente su Skype”.
“Ringrazio con tutto il cuore il comandante Maltinti – ha detto Paola Moschetti, compagna del generale Massimiliano Latorre, in collegamento Skype – e la signore Giulia che è una carissima amica ed un’artista poliedrica: la sua bravura non si dimostra soltanto nella scrittura, ma si dà anche alla pittura e agli spettacoli teatrali, sempre a scopo benefico. Lei mi ha omaggiato di una copia del libro dove l’avvenimento è visto sotto il punto di vista della famiglia. Sono stata molto contenta di leggere questo libro che ho anche riletto, in questo libro sono racchiuse parecchie emozioni. immagino che per loro sia stato difficile portare avanti i rapporti con le loro famiglie considerando che non hanno a disposizione i mezzi telematici che abbiamo noi. Il nostro è un duplice compito: portare avanti l’amore e non far trasparire le preoccupazioni”.
Giulia Cesaria descrive dunque la vita delle donne rimaste a casa, spesso con un lavoro da svolgere e i figli piccoli da accudire, quotidianità che diventavano montagne insormontabili, con lo stato d’animo e la paura di chi sapeva che il proprio compagno non si trovava ad una normale esercitazione. E poi le lunghe settimane di silenzio, la televisione sempre accesa sui notiziari per captare ogni notizia proveniente dal Medio Oriente, la riscoperta del rito delle “lettere dal fronte”, le riunioni insieme alle altre mogli e fidanzate in attesa della corrispondenza ma anche per scambiarsi solidarietà, favori e soprattutto condividere momenti insieme ad altre donne che stanno vivendo le sue stesse ansie e paure. Il libro riporta l’elenco di tutti i fucilieri del Battaglione San Marco che hanno partecipato dal 1982 al 1984 alla missione in Libano.
“Questa è una delle pagine più brutte della nostra storia Repubblicana – ha rimarcato Fabrizio Di Stefano – con quella pagina del Governo Monti in cui c’era un tira e molla tra il tornare e il non tornare. Vorrei fare una riflessione più intimistica di un dramma quotidiano di ch soffre e di chi sa di stare lontano dagli affetti e non sa quando poterli riabbracciare, credo che questo sia l’aspetto più drammatico. In tutto questo c’è il dramma di chi vive in prima persona queste vicende. Da parte mia che occupo un ruolo istituzionale c’è un senso di impotenza”.
Così il consigliere comunale Marco Di Paolo: “Vorrei anzitutto ringraziare la signora Paolo Moschetti Latorre, compagna di Massimiliano Latorre, uno dei nostri due Marò ancora illecitamente trattenuto, insieme al commilitone Salvatore Girone, in India, per il toccante contributo che ha voluto offrirci con la sua testimonianza nella quale è emersa tutta l’apprensione per una vicenda che sembra non trovare soluzione. Un momento veramente intenso che ha permesso al sottoscritto, ed ai tanti presenti che hanno avuto l’onore, come me, di poter servire il proprio paese in missioni di pace all’estero, di rivivere il mio passato da Marò, quando con tanti commilitoni, abbiamo portato un contributo per la stabilità e la pace in un paese allora sconvolto dalla guerra come il Libano con tutti i rischi del caso. Un ringraziamento particolare, però, va a Giulia Cesaria Maltinti per aver avuto la forza ed il coraggio di raccogliere in questo libro tutte le sensazioni, le emozioni e, perché no, anche il dolore di tante donne, spose di militari, che hanno dovuto sopportare con pazienza ed in silenzio la lontananza, l’apprensione e per talune, meno fortunate, il dolore della perdita. In questa giornata arricchita dalla presenza di illustri ospiti e personalità tra le quali, l’on. Fabrizio Di Stefano, unanime è salito forte un accorato appello: libertà per i nostri Marò”.
Francesco Rapino