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Chieti, ‘Musica sotto le stelle’: domani sera omaggio a Giuseppe Verdi

Chieti. Prosegue con successo l’appuntamento con le note della rassegna concertistica “Musica sotto le stelle di Palazzo de’ Mayo”, iniziativa ideata e organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti.

Domani sabato 10 agosto, con inizio alle ore 21.15, presso il Teatro Giardino di Palazzo de’ Mayo in Chieti saranno in scena, per un grande omaggio a Giuseppe Verdi, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta dal M° Marcello Bufalini con Piero Terranova baritono, Li Keng soprano e il Quintetto Ottonando composto da Silvio Di Paolo tromba, Fausto Esposito tromba, Giuliano Melchiorre corno, Franco Celidonio trombone, Marcello Di Millo tuba e Cicero Pereira Cordao Neto tromba solista.
L’Orchestra Sinfonica Abruzzese è una delle tredici Istituzioni Concertistico – Orchestrali riconosciute dallo Stato. In quasi quarant’anni di attività l’Orchestra oltre che esibirsi in quasi tutti i centri abruzzesi, è stata inserita nei cartelloni dei più grandi e prestigiosi teatri italiani e può vantare numerose tournée in Spagna e Francia. Le programmazioni spaziano dal repertorio sinfonico alla musica contemporanea, fino a toccare generi di contaminazione e nuovi linguaggi musicali, ospitando sul podio grandi direttori d’orchestra e solisti di notorietà internazionale. L’Orchestra ha inciso per numerose importanti case discografiche (Bmg Ariola, Amadeus-Paragon, Arts, Ricordi, Sonzogno, Bongiovanni) e ha registrato in diverse occasioni per la RAI. Dall’ottobre 2009 solista principale è il M° Fabrizio Meloni, primo clarinetto solista dell’Orchestra della Fondazione Teatro alla Scala di Milano. Direttore artistico è il M° Ettore Pellegrino. Direttore principale ospite è il M° Marcello Bufalini. Il M° Marcello Bufalini, nato a Roma, ha svolto un’intensa attività in Italia e all’estero sia come direttore d’orchestra che come direttore d’opera. Nel 2001 ha diretto L’Arte della Fuga (progetto di trascrizione e completamento ideato e coordinato da Luciano Berio) per il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto con tournèe in Francia, Olanda e Inghilterra. Nel 2006 ha realizzato il completamento e la ricostruzione dell’inedito Concerto in Mi minore per pianoforte e orchestra di Mendelssohn, che nel 2009 è stato registrato da Riccardo Chailly per la Decca. È docente di direzione d’orchestra al Conservatorio “A. Casella” dell’Aquila. Il Quintetto Ottonando nasce nel 2004 per volontà di cinque musicisti abruzzesi con la passione per gli ottoni. I componenti, tutti affermati e valenti strumentisti nel panorama nazionale, vantano già esperienze musicali molto importanti in varie orchestre. Il gruppo ha al suo attivo più cento concerti per importanti enti musicali e culturali italiani e varie tournée in Europa e negli Stati Uniti. L’intento del gruppo è quello di far conoscere ed estendere la riscoperta degli ottoni con un repertorio che varia da antichi e celebri autori come J.S. Bach, G.F. Händel, G. Verdi, A. Dvorak e molti altri fino ad arrivare a brani di musica jazz, musica leggera e a celebri colonne sonore di E. Morricone e N. Rota.
Il programma che domani sera l’Orchestra Sinfonica Abruzzese e il Quintetto Ottonando hanno selezionato attraversa tutta la produzione di Giuseppe Verdi che, a duecento anni dalla sua nascita, continua a far parlare di sé. La produzione del Maestro di Busseto è quasi tutta votata all’argomento politico, con l’esclusione di un breve periodo. Effettivamente, la carriera di Verdi – che fu anche parlamentare dell’Italia unita – potrebbe essere divisa in due macro-sezioni, separate dalla Trilogia popolare (Rigoletto 1851, Trovatore 1853, Traviata 1853). Prima degli anni Cinquanta il tema politico è istintivo, partecipato, sentimentale: riflette, in sostanza, le modalità di partecipazione tipiche di tutti gli intellettuali del periodo, che aderiscono agli ideali risorgimentali in maniera del tutto sentimentale (valga, per tutti, il caso di Giuseppe Mazzini). Se l’Italia che nasce dal Risorgimento non può, nel bene e nel male, prescindere dal suo fondamento culturale e dalle ideologie che, successivamente, l’hanno reinterpretato, la cultura italiana non può prescindere da quel prodotto “nazional-popolare” che ha svolto un ruolo così importante nel determinare la sua fisionomia identitaria. Pur con tutti i limiti del caso, Antonio Gramsci (1891- 1937) ha di certo colto l’aspetto più incisivo, sebbene in parte involontario, dell’opera verdiana, senza la quale certamente l’Italia di oggi avrebbe un’altra faccia. L’ingresso è libero.