Le quattro dita che incontrano il pollice (“che vuoi da me?” o “non sono nato ieri”), la mano che scivola sotto il mento (“me ne frego”), dal belpaese i gesti accompagnano la conversazione quotidianae anche la vita sociale.
Il New York Times ritrae anche l’aspetto della gestualità nella vita sociale dei nostri politici e gli americani nel loro articolo ci ricordano Silvio Berlusconi, coem «un famoso gesticolatore», con le mani intrecciate posate sulla scrivania di Giulio Andreotti: «Un sottile segnale di deterrenza, che indicava il tremendo potere che il sette volte primo ministro avrebbe potuto dispiegare se fosse stato necessario», scrive Rachel Donadio, l’inviata da Roma del quotidiano.
La psicologa romana, Isabella Poggi, a Roma Tre, ha identificato circa 250 gesti che gli italiani usano nella conversazione di tutti i giorni per rendere ancor più enfatico il discorso, in sentimenti che riguardano la minaccia, l’auspicio, la disperazione. Sono movimenti delle mani che i connazionali di Dante hanno nel sangue: una teoria sostiene che gli italiani li hanno sviluppati negli anni delle occupazioni straniere (austriaci, francesi, spagnoli tra 14esimo e 19esimo secolo) come modo di comunicare senza farsi capire dai nuovi padroni.
Adam Kenton, direttore della rivista Gesture, città popolose come Napoli potrebbero essere state la culla del gesticolare italiano, per cercare di attirare ulteriormente l’attenzione dell’interlocutore.
Per sottolineare l’importanza dell’argomento l’autrice dell’articolo risale anche al filosofo Giambattista Vico che individuava nella gestualità italiana una forma primitiva di linguaggio.
VIDEO: When Italians Chat, Hands and Fingers Do the Talking
GRAFICO, PASSA IL MOUSE SULLE IMMAGINI: A Short Lexicon of Italian Gestures