Dalle foto allegate (nella galleria in fondo all’articolo) si può risalire allo stato originale degli ambienti, costruiti nel tipo stile di fine ottocento, con pavimenti in graniglia o ceramica smaltata e porte interne in legno massello scuro, con cornici “importanti”. Sicuramente il progetto sarà stato sottoposto, originariamente, all’esame degli enti competenti, Soprintendenza compresa, ma il concetto di restauro sottintende, prima ancora che il rispetto di norme di legge (necessario ed obbligatorio) una sensibilità culturale che esula dalla semplice applicazione di regole.
A volte anche la semplice sostituzione di un pavimento, o una colorazione delle pareti non indovinata, o ancora corpi illuminanti incongrui, possono “rovinare” la percezione di ambienti storici, violando quello che gli antichi chiamavano “Genius Loci”, cioè spirito del luogo.
Di certo non vogliamo condannare a priori scelte progettuali che, probabilmente, hanno seguito una logica ben precisa (che, però, sarebbe utile rendere pubblica, anche per far capire ai cittadini il perché di tali scelte), e ci rendiamo conto che il concetto di restauro ha, negli anni, assunto diverse sfumature e interessato più correnti di pensiero, ma in molti di quelli che hanno visitato i locali “restaurati” è rimasta l’impressione di una violazione di qualcosa di “sacro”, di un pezzo della nostra storia che è stato irrimediabilmente distrutto e non tornerà più.
Le foto, riportate nella galleria, mostrano come erano i locali (prima dei lavori( e come sono ora. Ai lettori il giudizio.
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