Non amo la parola “per sempre”, così come non amo la parola “mai”, preferisco evitare di utilizzarle poiché penso che poche cose siano per sempre o mai, e devo ancora capire esattamente quali.
Appena uscì il libro ero un po’ titubante … Susanna Tamaro è tra le autrici che preferisco, come potrei non leggere il suo ultimo romanzo? Eppure quel titolo mi turbava. Alla fine me lo sono ritrovato sul comodino e si è rivelato un regalo molto gradito.
La lettura delle prime pagine ci offre un’ immagine del protagonista avvolta in un aurea di mistero. Matteo vive, per qualche sconosciuta ragione, sperduto tra innominate montagne, in completa solitudine, lui e le sue pecorelle, lui e la natura, lui e qualche visitatore sporadico mosso da chissà quale curiosità. Non sappiamo cosa lo abbia spinto verso questo esilio volontario, né da quanto tempo sia lì, non conosciamo nulla del suo passato, ma pian piano, pagina dopo pagina, l’arcano è svelato. La sua storia ci viene narrata con un linguaggio denso di metafore, un incedere lento e una sensibilità squisitamente femminile.
La storia di Matteo è molto travagliata: è tinta di rosa all’inizio, il colore di una candida serenità, diventa poi nera, come l’abisso che lo ingoia, e poi ancora rossa come la sofferente violenza che lo anima, infine azzurra, come il colore del mare, ventre materno che gli dà la spinta necessaria per risalire dall’abisso di dolore e disperazione.
Il romanzo ci pone numerose domande attraverso la voce narrante del protagonista, alcune delle quali senza risposte; spetta al lettore attento cercarle, guidato dalle riflessioni dei personaggi. Molte vertono sul perché dell’esistenza del male, altre sull’esistenza di Dio. È un Essere onnipotente? E se lo è, perché permette al male di agire apparentemente indisturbato?
“Dio richiede la nostra collaborazione … Dio è in coloro che lo lasciano entrare”.
Non svelerò altri particolari importanti della trama, poiché penso che il bello della lettura sia proprio nella scoperta graduale dei tanti dettagli della vita del protagonista e delle non poche sorprese che il romanzo ci riserva, l’ultima delle quali nel finale, commovente e inaspettato.
Per certi versi “Per sempre” è simile a “Va’ dove ti porta il cuore”, il primo successo editoriale della Tamaro, e meriterebbe, com’è stato per l’altro, la trasposizione filmica.
Per concludere, tornando al titolo, il “per sempre” secondo le parole di Nora, la moglie di Matteo, esiste, anche se la storia sembra dimostrare assolutamente il contrario. Eppure questo è il titolo che l’autrice ha scelto, quasi a dimostrazione che, nonostante la precarietà del tutto, un “per sempre” c’è.