Domani a partire dalle ore 17.00, tra le stradine arroccate del borgo si vedranno diavoli che tormenteranno l’umile vita di un giovane dedito alla vita monastica, Sant’Antonio, e cantori che busseranno alle porte delle famiglie del borgo. Non dimenticando, così, le proprie credenze e radici popolari.
L’usanza di venerare il santo protettore degli animali, infatti, è tipica soprattutto delle comunità agresti, in occasione della festa di sant’Antonio che cade il 17 gennaio, che erano solite girare di casa in casa con canti e questue. In Abruzzo esistono due tipologie di canti dedicate al santo, quelli di carità legate al cibo e quelli che narrano la vita del santo abate, quindi di genere biografico. Meno diffusi, ma forse quelli che rimangono più impressi nella mente, sono i canti di genere buffo, che raccontano di una serie di battibecchi tra il santo e il demonio. L’esistenza di tutti questi stornelli sono legati all’immaginario popolare secondo cui ogni comunità rende il santo più riconoscibile a se stesso, anche se quasi sempre viene legato al forte bisogno di protezione per il bestiame.