La trama originale è chiaramente evocata, ma viene inserita in un nuovo contesto: ci si rifà infatti alla comicità popolare dell’epoca dei telefoni bianchi, alla quotidianità di lustrini e canzoni di una compagnia di Rivista scritturata per una crociera.
“Non è una parodia di Pirandello (anche se i comici di Rivista, le canzonette popolari e gli sketch sono quanto di meno gli è familiare) – scrivono Lo Monaco e Fano – al contrario è un omaggio estremo a Pirandello, perché infila una sua trama in un contesto sociale che gli è lontanissimo, quello della comicità popolare. Con l’obiettivo di dimostrare che le tematiche pirandelliane resistono anche oltre i propri confini drammaturgici, storici e sociali”.
In scena, oltre ad alcuni musicisti, ci saranno due coppie di attori e un tecnico-amministratore, che compongono la compagnia guidata da un uomo che chiamano il Conte: dai modi sembra un aristocratico, ma di certo è decaduto (come dimostra la sua tendenza a filosofeggiare).
Si scopre poi che le due coppie sono legate anche da un segreto: in passato ognuno dei due uomini ha consumato una passione con la moglie dell’altro.
Non si comprende se le tensioni amorose siano sopite, di certo il Conte si diverte a chiosare realtà, aspirazioni e destini. Il tutto tra una prova e l’altra, tra una canzone e l’altra, nel vitale ripetersi della loro vanità comica. Fino al colpo di scena finale, quando i tradimenti saranno rivelati e la realtà apparirà in tutto il suo dramma anche al Conte.