Teramo. La tecnica letteraria minuziosa e ricercata che si riscontra nel secondo romanzo di Livio Di Patre, La Vendetta del Tempo (274 pagg., 2009, Demian Edizioni, € 15), in maniera molto più evidente che nella prima opera (“Il triangolo isoscele”), si snocciola attraverso una trama in cui s’intrecciano in un frenetico tourbillon colpi di scena e fitte ragnatele espositive e in cui si riflette l’estro creativo di questo autore teramano, ex insegnante di matematica.
In una cristallina visione d’insieme, meditata e di ampio respiro, in La Vendetta del Tempo s’inserisce il personaggio chiave della vicenda, Nicolas McRyan, un giovane marinaio irlandese del Titanic ritrovato ibernato nei ghiacci del Polo Nord dopo diversi decenni e affidato, tuttora congelato, ad un’equipe di scienziati svizzeri.
Partendo dai presunti illeciti obiettivi che il professor Leonard Olsen e il suo vice Ludwig Holmer si prefiggono, nel riportare in vita l’uomo che ha sfidato il tempo, per poi sottoporlo ad anomali esperimenti, l’intreccio si sviluppa in uno spumeggiante crescendo shakespeariano, che inizia a ricomporsi come un puzzle dopo un po’ di pagine, quando si definiscono i ruoli di ciascuno. Che vengono ad incastrarsi con quello della figura presente fin dall’inizio del racconto: il Tempo. Il romanzo si snoda attraverso dialoghi asciutti e taglienti, alla Steinbeck per intenderci, con rivoli di spy story e battute che evocano, più che altro, un brioso ritmo filmografico, destinato a concludersi con la inesorabile, tremenda vendetta del tempo ai danni del giovane Nicolas, in procinto di far sparire definitivamente le sue tracce dopo la fuga dal centro ospedaliero e dopo essere sfuggito alle grinfie di Hans, lo scagnozzo messogli alle calcagna dai due scienziati.
Il ritmo narrativo della vicenda, che ha come trait d’union il Titanic e l’Andrea Doria, due navi famose che hanno subito lo stesso destino, aderisce perfettamente al tempo della storia: ampio e disteso nelle pause descrittive, che sono tuttavia sempre rapide e funzionali all’intreccio, accelera con il progredire della vicenda.
L’autore fa ricorso spesso a flashback per meglio tratteggiare-delineare il profilo psicologico dei personaggi e l’atmosfera degli ambienti. Il punta di vista assunto è quello di un narratore che adotta la terza persona ma che mostra di essere testimone della storia e talvolta appare addirittura interno. Ne risulta uno stile non impersonale ma partecipe, sebbene non ceda mai a sbavature e non indugi a commenti e a sentimentalismi retorici.
Il linguaggio è vario e modulato degli eventi: più asciutto ed efficace nei riferimenti di carattere tecnico o scientifico, più articolato nelle sintesi, variegato nel lessico e nella caratterizzazione di luoghi e personaggi.