Spoltore. Ha richiamato l’attenzione di oltre 100 persone l’evento itinerante ‘La tavola dei morti’, svoltosi presso il Borgo Case Troiane la notte tra l’1 e 2 novembre e promosso dall’associazione Fontevecchia, in collaborazione con il Consorzio Tradizioni Teatine.
Un percorso a lume di candela, alla riscoperta di aneddoti, tradizioni e pezzi di storia abruzzesi, che ha preso il via alle 20:30 dinanzi alla sede della Motorizzazione civile e si è snodato lungo le strade del centro storico, intervallato dai racconti di Francesco Stoppa, docente, nonché presidente del Cata (Centro di Antropologia territoriale degli Abruzzi) dell’università ‘d’Annunzio’.
Dalla riscoperta del ‘pozzo dei guerrieri’ dove, nel mese di novembre non si poteva attingere acqua, alla visita delle tavole ‘apparecchiate’ per accogliere il passaggio delle anime care, l’evento si è concluso con l’omaggio ai defunti attraverso la condivisione del ‘grano dei morti’ e il ristoro penitenziale, riassaporando i cibi dei nostri nonni, come ceci tostati, fave bollite e ‘patate e chicocce’.
“Con la ‘Tavola dei Morti’ abbiamo raccontato soprattutto ai più giovani una tradizione importante per la nostra storia, appunto il dovere di onorare nella maniera più giusta, rispettosa e opportuna quelle persone che hanno fatto parte della nostra vita” ha illustrato il presidente dell’associazione Fontevecchia, Luciano Troiano, che ha espresso soddisfazione per l’interesse mostrato dal pubblico “La partecipazione straordinaria del pubblico è stata la migliore risposta che potevamo attenderci”.
Già dall’inizio del percorso, Stoppa ha illustrato ai presenti il significato più autentico dell’iniziativa: con la riscoperta del ‘pozzo dei guerrieri’, situato sotto quello che oggi è un terrapieno-rotatoria e dove storicamente si abbeveravano soldati e briganti, “anticamente si recavano le donne del paese, tranne nel mese di novembre: la narrazione, tra storia e leggenda, racconta che in seguito a una violenta battaglia, oltre 400 anni fa, molti guerrieri furono gettati in quel pozzo e le loro anime rapivano coloro che osavano prendere l’acqua nel mese dedicato ai defunti”.
Con l’associazione ‘Volontari senza frontiere’, presieduta da Angelo Ferri, il gruppo si è diretto verso l’uliveto per ascoltare il racconto su ‘Li Mazzamurielli’, “gli spiritelli che abitavano in alcune case” ha spiegato Stoppa “e che angustiavano il vivere quotidiano delle famiglie con piccoli dispetti”. Tra i racconti, anche quello delle ‘ossa a la vutate de lo lope’, ossia del ritrovamento di ossa umane a seguito dell’impianto di vigne e oliveti, che ancora oggi fanno sospettare la presenza in loco di un’area cimiteriale addirittura di epoca romana o medievale;
a completare il percorso, la visita alle due abitazioni imbandite per il passaggio notturno delle anime dei cari defunti, secondo gli usi del posto, con prosciutto e formaggio, maccaroni al sugo, pollo e patate, acqua, vino, pane, caffè, biscotti, dolci e frutta. Il cibo, come vuole la tradizione, dopo aver accolto il passaggio dello spirito dei propri cari, deve essere consumato il giorno dopo dalle famiglie o donato ai poveri; sono stati anche illustrati i significati dei simboli apposti all’esterno delle case, come il sacco di grano o la forca, o la scopa rovesciata, per scacciare l’eventuale ingresso di spiriti negativi, ossia coloro che sono tornati dopo una morte violenta, prematura o dopo un suicidio, e consentire l’ingresso sereno solo delle anime care.
Durante la serata c’è stata la sosta nella Chiesa della Santissima Trinità, dove arde perennemente un lume accanto a un altarino con le foto di tutte le persone che hanno abitato il borgo e che oggi non ci sono più, così come di amici e parenti degli attuali residenti.
La serata si è conclusa, a rigor di tradizione, prima della mezzanotte, affinchè la processione spirituale dei defunti non venisse disturbata; al termine della serata, ai presenti è stato offerto ‘il grano dei morti’, ossia grano bollito con noci, melograno e mosto cotto, fave lesse, ceci abbruscati, chicocce e patane e vino rosso.
“Dunque non c’erano streghe e scheletri” ha concluso Troiano, “ma tanta autentica emozione”.