La Direzione distrettuale Antimafia dell’Aquila ha dichiarato che la somma di denaro rapinata durante l’assalto al caveau dell’istituto di vigilanza Ivri-Sicuritalia di San Giovanni Teatino è stata spesa anche per auto di lusso, orologi preziosi e attività imprenditoriali.
La Direzione svela in tal modo alcune caratteristiche elaborate a margine dell’inchiesta che l’ha vista protagonista insieme alla squadra mobile di Chieti, sfociata poi in un blitz che ha permesso l’arresto di 6 persone e l’indagine a carico di altre 33, coinvolte a vario titolo nel colpo che ha fruttato 4,8 milioni di euro compiuto il 24 marzo 2022, e nel raid sventato dalla polizia a Cesinali (Avellino) il 13 ottobre dello stesso anno.
Per l’accusa il capo della banda è Pasquale Saracino, 49enne di Cerignola. “L’analisi dei suoi dati reddituali e di quelli dei familiari – scrivono i pubblici ministeri – permette di presumere che il tenore di vita condotto dall’indagato, dai figli e dalla moglie sia indubbiamente finanziato con entrate di natura extra-reddituale”.
Ovvero, “automobili di alta gamma, vestiti di lusso, orologi preziosi e serate nei locali più esclusivi di Milano – si legge ancora – devono senz’altro attribuirsi agli ingenti profitti illeciti realizzati da Pasquale Saracino in ragione della sua decennale appartenenza a un’agguerrita associazione criminale dedita all’assalto ai furgoni portavalori e ai caveau. La smisurata disponibilità di fondi di natura delittuosa, inoltre, induce Saracino e i suoi familiari a impiegarne una parte in attività economiche e imprenditoriali, con stratagemmi utili al reinvestimento e alla contestuale dissimulazione della loro genetica illiceità”.
Ecco come sono stati spesi i soldi
Per gli investigatori, coordinati del commissario capo Nicoletta Giuliante, non vi sarebbero dunque dubbi. Dopo aver esaminato i dati relativi ai redditi della famiglia di Saracino a partire dal 1998, i pubblici ministeri ritengono come sia evidente la sussistenza di una forte difformità tra la consistenza dei redditi e la capacità di spesa dimostrata dai soggetti in analisi nel corso delle indagini.
A titolo di esempio, viene citato un tour di shopping milanese per le vie più prestigiose del capoluogo lombardo, con una serata al Just Cavalli che non sarebbe coerente con i redditi dichiarati.
La Direzione distrettuale Antimafia segnala poi “auto di lusso e orologi preziosi”, che sarebbero stati “all’ordine del giorno nei post pubblicati sui social da Luigi Matteo Saracino”, il 29enne figlio di Pasquale, anch’esso indagato nell’ambito dell’inchiesta.
Di qui, la conclusione: secondo l’accusa le risorse necessarie a tali spese devono essere necessariamente attribuite all’attività illecita.