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Teramo, progetto di riqualificazione via Longo: lettera aperta a D’Alberto

Teramo. Di seguito la lettera aperta che Andrea Cavarocchi e l’ex consigliera comunale Paola Cardelli, che da tempo si occupano del quartiere di edilizia pubblica di via Longo a Teramo, hanno scritto al sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto.

La lettera segue la presentazione, da parte dell’amministrazione, di un progetto di restyling della zona.

“Come Lei sa, da molti anni ci occupiamo della questione di via Longo: Andrea Cavarocchi fino dal 2010, attraverso una pubblicazione monografica, primo numero della rivista “Il Corbezzolo”, e poi insieme con Paola Cardelli dal 2014.

Abbiamo fatto presentazioni pubbliche, convegni, mostre, incontri con i residenti, interventi sulla stampa locale, per cercare di tenere alta l’attenzione su di un tema che riteniamo essere importante, e promuovere al riguardo una partecipazione reale dell’intera comunità cittadina al processo decisionale.
In occasione del concorso bandito dall’amministrazione comunale nel 2014 abbiamo denunciato l’illegittimità dell’operazione “housing sociale” sostenendo la necessità di mantenere la natura pubblica degli alloggi e di dare luogo ad un vero percorso partecipativo a partire da un confronto concorsuale di idee aperto e trasparente.
La nostra denuncia pubblica ha portato alla luce le irregolarità del bando e la non veridicità dei dati urbanistici che vi erano riportati. In seguito a queste iniziative le ambizioni speculative sull’area sono state bloccate.
Oggi dopo tre anni di silenzio sull’argomento è arrivata la presentazione al pubblico di un progetto promosso dalla nuova amministrazione, sul quale la stessa si dichiara determinata a procedere nella ricerca di finanziamenti.

Riguardo al metodo ed al merito di questa iniziativa pubblica, poniamo 5 domande:

1): DOVE E’ FINITO IL CONCORSO (OBBLIGATORIO)?:
La scheda B3 (13) di Piano Regolatore relativa all’area recita testualmente: “ dovrà essere redatto progetto a seguito di concorso pubblico”, e poi: “le modalità urbanistiche, architettoniche, gli indici ed i parametri andranno definiti e concordati in fase di progetto esecutivo a seguito di obbligatorio concorso pubblico”, e ancora: “dovrà preliminarmente essere redatto studio di impatto ambientale con particolare riferimento al sistema della mobilità”.
L’amministrazione precedente aveva tentato di aggirare le suddette prescrizioni indicendo un concorso poco trasparente e con alla base dati non corretti che avrebbero portato ad aumenti di cubatura quasi quattro volte superiori a quanto ammesso. L’attuale amministrazione ha deciso di scavalcare direttamente il problema, ignorando l’obbligo di concorso e lo studio di impatto ambientale?

2): LA PARTECIPAZIONE E’ UNA FORMULA VUOTA PER LEGITTIMARE A POSTERIORI LE SCELTE?
Quali sono stati gli atti concreti di confronto fra chi ha redatto il progetto pubblicato in questi giorni ed i residenti di via Longo, gli abitanti delle aree circostanti, i cittadini teramani tutti? Nei mesi scorsi la Giunta ha disposto l’apertura di una pagina facebook (sic!) per promuovere la partecipazione dei cittadini al progetto (con un atto nel quale, per inciso, della scheda di Piano Regolatore si riportano in premessa alcune prescrizioni, omettendo accuratamente quelle sopra riportate relative all’obbligo di concorso e di studio di impatto ambientale preventivo). Ad oggi di tale pagina (che pure ci appare per principio una discutibile interpretazione di un tema complesso come quello partecipativo) non abbiamo trovato traccia in rete, e ci chiediamo quale utilità possa avere una volta che il progetto è stato redatto, pubblicato ed approvato nella forma di studio di fattibilità tecnico economica (Delibera di Giunta n. 69 del 12/03/2021 nella quale si dichiara tra l’altro di voler sviluppare TUTTE le indicazioni della scheda urbanistica riportate nel PRG).
L’incarico di progettazione è stato affidato in via diretta in data 11 febbraio 2021, il progetto è stato presentato in data 11 marzo 2021, “avviata la fase partecipativa con i diversi interessati”. Tale fase ha preso il via (da comunicati stampa) il 30 gennaio scorso. E’ possibile conoscere quali siano stati in questo periodo gli incontri e le discussioni nel merito di un progetto così complesso, e quali (miracolosi?) meccanismi di confronto partecipativo abbiano potuto portare in 10 giorni all’assegnazione di un incarico di progettazione ed in 30 giorni alla consegna di un progetto (condiviso?, dibattuto?, concertato?) composto da 36 elaborati?
Nell’atto di approvazione si dichiara di “prendere atto che la fase partecipativa proseguirà anche successivamente alla delibera” ed allo stesso tempo nelle dichiarazioni agli organi di stampa si ribadisce che il progetto presentato è il progetto dell’amministrazione, lasciando poco spazio ad una discussione che non ha avuto occasione di esprimersi in un confronto pubblico.

3): LE SUPERFICI DI EDILIZIA PUBBLICA AUMENTANO O DIMINUISCONO?
La superficie lorda attuale delle quattro palazzine che si intende demolire è pari a circa 5.300 mq. Nel quadro economico approvato si parla di 4.731 mq di nuova superficie residenziale e di 1.374 mq di nuova superficie di servizi (oltre a 3.150 mq di parcheggi interrati e cantine). Questo significa che la superficie complessiva degli alloggi pubblici diminuirà di circa 600mq (per quanto si dichiari un aumento del numero degli appartamenti, che evidentemente saranno ridotti di dimensioni) e che il previsto incremento del 15% di superficie sarà interamente destinato a spazi che presumiamo essere di natura commerciale, cui si aggiungeranno quelli derivati dalla riduzione delle superfici residenziali? Queste scelte sono state frutto della concertazione partecipativa della quale si è detto? Chi vi ha preso parte, ed in che termini?

4): ESISTONO LE CONDIZIONI PER UN CONFRONTO APERTO FRA IDEE DIVERSE?
Abbiamo registrato dichiarazioni da parte degli amministratori secondo cui le prime due palazzine che saranno ristrutturate (adeguandole, immaginiamo, ai più aggiornati livelli prestazionali sismici ed energetici di legge) serviranno per consentire un trasferimento degli attuali residenti, al fine di preservare la composizione della comunità sociale che ancora abita nel quartiere, ormai ridotta ad un piccolo numero di famiglie per via della politica di ricollocazione perseguita negli anni. Questo principio, di per sé pienamente condivisibile, apre il campo a strategie di intervento diverse, compresa una ristrutturazione progressiva dei fabbricati esistenti con interventi di ricucitura puntuale e miglioramento, con cantieri di dimensioni contenute, e seguendo un percorso aperto ad aggiustamenti e verifiche in corso d’opera, anche in relazione a dinamiche sociali ed economiche in continua trasformazione. La superficie di edilizia pubblica potrebbe non subire riduzioni (e, applicando lo stesso criterio del progetto presentato in questi giorni, il numero degli appartamenti potrebbe aumentare di almeno una decina) e l’incremento di superficie del 15% previsto dal PRG potrebbe servire per le attività imprenditoriali. Il concorso di idee prescritto dal Piano Regolatore (a seguito dello studio di impatto ambientale) dovrebbe avere proprio la funzione di mettere a confronto pubblicamente ipotesi diverse di intervento nell’area, ma questo tipo di confronto reale sembra essere uno spauracchio per ogni amministrazione che si succede al governo della città. Non sarebbero invece quelle attuali le condizioni ideali per approfondire e soppesare le diverse alternative?

5): UN MURO CONTINUO DI 5 PIANI E’ UN ELEMENTO DI COLLEGAMENTO O DI SEPARAZIONE?
Restiamo in attesa, in omaggio al principio di trasparenza che questa amministrazione dichiara di volere adottare nella gestione di un tema tanto complesso, che vengano resi pubblici tutti i documenti progettuali dello studio di fattibilità citati nella delibera e che -sia detto per inciso- venga restituita operatività alla ricerca on line degli atti amministrativi nell’albo pretorio all’interno del sito internet del Comune che attualmente non consente di accedere ad atti risalenti a oltre un mese e mezzo.
A quanto è dato di capire dalle prospettive di progetto pubblicate, si ipotizza di rialzare il piano di quella che è attualmente via Longo fino al livello di via De Gasperi, ovvero di circa 4 metri, e di spiccare da questo livello una palazzata continua di tre piani addossata al confine a valla dell’area, ovvero direttamente sul margine di via Campano. Attualmente su tale via, che è larga circa 10 metri, il muro in cemento che sostiene il gradone sul quale stanno gli edifici è alto circa cinque metri, e nell’ipotesi di progetto verrebbe ad alzarsi dei suddetti 4 metri, più i tre piani della palazzata, più in una porzione iniziale di ulteriori 6 metri di un corpo edilizio aggettante. Dobbiamo allora immaginare sul bordo della via Campano una massa edilizia alta complessivamente 5+4+9=18 metri circa, con una porzione che sale fino a 24 metri? Questa è una soluzione che si propone di collegare trasversalmente l’area a valle con quella a monte, con un volume lineare continuo incombente sulle case a valle? In base a quale principio edilizio-urbanistico sarebbe accettabile/ammissibile una proposta di questo tipo? Ed è stata frutto di una concertazione con i residenti dell’area?

Crediamo, in conclusione, che l’attuale configurazione del quartiere di via Longo sia frutto di un’idea progettuale ab origine corretta, che tentava di mediare fra condizioni contestuali difficili e che potrebbe essere decisamente migliorata ed aggiornata con operazioni significative di ristrutturazione sui fabbricati e sugli spazi aperti, che non si propongano di cancellare quanto esiste per farvi calare sopra quella che ancora una volta appare come una massa edilizia incombente, specchio di una operazione che non riesce a fare i conti con la scala e la storia di un luogo e di una comunità.
Rileviamo come, ancora una volta, i margini per una discussione (che, se adeguatamente promossa dall’Amministrazione, avrebbe avuto ad oggi già tre anni per attuarsi in sedi pubbliche opportune) appaiono costretti in formule svuotate di senso che sembrano avere la sola funzione di cercare di mettere in secondo piano nella gestione di un progetto tanto importante ambiguità normative ed urbanistiche, per rilanciare sul piatto l’ennesima immagine di un intervento piovuto dal solito cielo azzurro che campeggia in tutte le viste prospettiche di tutti i progetti che abbiamo visto stratificarsi su di quella porzione di città che a turno ci si affanna a voler cancellare.