L’acquifero del Gran Sasso è sotto minaccia, tra infiltrazioni inquinanti, dispersione della risorsa acqua a seguito della realizzazione del doppio traforo, e altri fattori come la presenza dell’Istituto di Fisica Nucleare, è giunto il momento di fare qualcosa di serio e concreto per salvare e salvaguardare la principale risorsa idrica del medio Appennino.
La riduzione del flusso idrico dopo la realizzazione del traforo è stata impressionante. E già 30 anni fa i geologi lanciarono l’allarme, opponendosi alla costruzione della terza canna sotto al massiccio del Gran Sasso. Il tema dell’acquifero è stato affrontato in occasione del workshop organizzato all’Università di Teramo dalla Società di Geologia, con la partecipazione della Ruzzo Reti.
I rischi sono notevoli, come ha sottolineato il professor Adamoli. I geologi si sono già espressi. E’ necessario impermeabilizzare completamente i 22 chilometri del doppio traforo che si snodano sotto al Gran Sasso. Servono però risorse, milioni di euro, circa 200. C’è anche un altro aspetto che non va sottovalutato e che mette a rischio in qualche modo l’acquifero.
Qui però l’uomo non ha alcuna responsabilità. Perché è la natura che comanda. In questa zona c’è una vulnerabilità sismica non trascurabile per la presenza di una faglia attiva. Chiaro il messaggio che è arrivato dai geologi: non si può più perdere tempo. Bisogna elaborare un progetto di tutela dell’acquifero garantendo una convivenza senza interferenze con l’Istituto di Fisica Nucleare.