Assieme alla sorella e agli amici di sempre abbandonava la sua terra. “Era una città al buio, come lo è adesso. E’ qualcosa di veramente terribile”. Nelle parole di Mahmoud Tosson, architetto di origini libanesi da anni trapiantato a Sant’Egidio alla Vibrata, si condensano tutte le sofferenze di un popolo che ha conosciuto l’occupazione di Israele, una sanguinosa guerra civile e un incubo che torna a materializzarsi dopo la tremenda esplosione nella zona del porto di Beirut. Zona dove erano depositate oltre 2700 tonnellate di nitrato di ammonio dal 2013. E mentre si allunga l’elenco delle vittime, Tosson che ha ancora diversi parenti a Beirut racconta le sue sensazioni.
“ A Beirut vive mio fratello, i cugini i nipoti e altri parenti”, spiega, “ fortunatamente fisicamente stanno tutti bene perché abitano a circa 6 chilometri dal luogo dell’esplosione. In casa l’onda d’urto ha rotto vetri porte e altro, ma psicologicamente è dura da sopportare questa mazzata. In un paese devastato da una lunga guerra civile, da una situazione economica e politica difficile e da un sistema sanitario fiaccato dal covid. Il Libano ora è nuovamente in ginocchio”.
Le immagini del disastro. Nella sua pagina Facebook, Mahmoud Tosson aggiorna con costanza le immagini che gli arrivano dalla sua terra natia. “ Inizialmente ho pensato ad un attentato”, dice ancora, “ ipotesi in ogni caso ancora aperta. Ma la presenza del materiale pericoloso da anni, mostra la negligenza dei governanti”.
Un popolo che ha sempre sofferto quello libanese, che da sempre deve sopportare le tensioni che si respirano nel Medio-Oriente e che ora è in ginocchio. Pedina importante per gli equilibri in quella zona e che invoca aiuti concreti per provare a rialzarsi, per l’ennesima volta. “Non potrebbe essere altrimenti”, racconta ancora l’architetto Tosson, che in Italia si è stabilizzato “ perché oltre a tutte le difficoltà pregresse, ora ci sono questioni anche di emergenza ambientale e sanitaria dopo questa tragedia”.
E su quel molo dove Tosson era stato accompagnato di notte, dalla madre, per avere un futuro migliore, in una notte del settembre del 1979 (aveva 18 anni), il Libano, terminata l’emergenza, proverà a rialzarsi per l’ennesima volta della sua tormentata storia.