Uno step fondamentale, per entrare poi a pieno diritto nel mondo del lavoro. Ma ad oggi, tra rinvii, cambi in corsa e situazioni tra loro piuttosto discordanti, ancora non hanno certezze di date e di modalità con le quali sostenere l’esame di Stato.
Ora i laureati in farmacia, psicologia e biologia hanno scritto una lettera ai media per evidenziare tutto il malcontento per la situazione che si è generata.
Domani ci sarà una protesta davanti a Montecitorio, ma forme di mobilitazione sono in programma nei prossimi giorni anche in altre piazze italiane.
LA LETTERA
Siamo i laureati in psicologia, farmacia e biologia. Vi scriviamo in quanto non ci sentiamo minimamente tutelati dalle Istituzioni che dovrebbero rappresentarci prime tra tutte il Ministero dell’Università e della Ricerca e cercheremo di raccontarvi la nostra vicenda nella maniera più sintetica possibile.
Essendo laureati, per poter accedere nel mondo del lavoro necessitiamo dell’abilitazione all’esercizio della professione e dell’iscrizione al nostro Ordine professionale. Per ottenere l’abilitazione è necessario il superamento di un esame di Stato che si tiene due volte l’anno (prima sessione a giugno e la seconda nel mese di novembre). Tale esame si compone di molteplici prove, ed ha una durata di diversi mesi per il suo completamento, in quanto per accedere alla prova successiva è necessario il superamento di quella precedente. In questi mesi di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di COVID-19, sono state prese diverse decisioni in merito allo svolgimento dei nostri Esami di abilitazione, senza tuttavia considerare minimamente la nostra opinione in merito. Ma andiamo per ordine:
Nei mesi sopracitati noi laureati ci siamo mobilitati facendo gruppo e tentando di ottenere informazioni in merito ai nostri esami di Stato dalle diverse istituzioni, ministeriali, ordinistiche e universitarie. Nessuno ci ha considerato rimpallando la questione da un organo all’altro. Ci siamo dunque radunati sotto un’unica egida chiedendo che il nostro esame di Stato venisse tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante, così come era stato fatto per i medici tramite il DL Cura Italia nel mese di Marzo, essendo professioni sanitarie e in quanto sappiamo bene che l’abolizione degli esami di abilitazione risulterebbe anticostituzionale (Art. 33 comma 5).
Attraverso diversi canali siamo riusciti ad interfacciarci con alcuni esponenti politici, sia della maggioranza che dell’opposizione, e che sembravano avere a cuore i nostri interessi. Viene quindi proposto un emendamento in Commissione 7a Senato (Istruzione, beni culturali) all’interno del Disegno di Legge con dicitura A.S. 1774. Tale DDL fa riferimento al DL Scuola discusso in questi giorni al Senato e che deve essere revisionato e pubblicato entro il 7 Giugno da Senato e Camera. L’emendamento è il “6.7 testo 2” e richiede che l’abilitazione alle nostre professioni avvenga per mezzo della valutazione dei nostri tirocini professionalizzanti.
A meno di due giorni dalla sua discussione in aula al Senato (26 Maggio) tale emendamento viene ritirato dai senatori che lo avevano proposto (Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d’Azione) in quanto a detta loro sarebbe stato bocciato dalla maggioranza. Per tale motivo viene trasformato in Ordine del Giorno che deve essere discusso in aula. Chiediamo quindi spiegazioni ai senatori in merito alle motivazioni che la maggioranza avrebbe portato nella discussione sulla bocciatura dell’emendamento stesso, ma questi ci dicono di rivolgerci agli esponenti della maggioranza o peggio ancora ci ignorano. Nel mentre l’ordine del giorno non viene neanche più discusso in aula in quanto si trova un accordo sul DL tramite un maxi-emendamento che ci esclude totalmente dato che la discussione di più di 2 giornate di plenaria in Senato verte sul tema esami di maturità e concorsi pubblici sull’insegnamento.
Nelle date del 21/22/23 maggio viene nuovamente convocato il CNSU. Quest’ultimo redige un documento nel quale chiede al Ministero dell’Università e della Ricerca di analizzare e valutare immediatamente la possibilità, in base alle varie specificità, di effettuare una revisione della procedura di abilitazione per i corsi di laurea che prevedono già un percorso con un tirocinio abilitante che ne attesta le competenze, contemplando la possibilità di abolire l’esame di stato, anche per le altre Classi di laurea che non hanno ancora un percorso formativo abilitante relative a discipline ordinistiche. Ad oltre una settimana dopo il Ministro Manfredi non si è ancora espresso in merito.
Le università nel mentre pubblicano bandi nel quale viene specificato che nel caso le connessioni internet saltassero durante il colloquio d’esame, starà alle commissioni esaminatrici la volontà di un eventuale bocciatura. Oltre al fatto di esplicitare che la tassa di iscrizione non verrà rimborsata in tale eventualità. Abbiamo più e più volte cercato un dialogo per dimostrare che le barriere tecnologiche purtroppo esistono e che spesso creano disuguaglianze nel nostro Paese, ma anche in questo caso siamo stati ignorati. Siamo arrivati a un punto di sopportazione nel quale non abbiamo paura a intraprendere ricorsi legali qualora queste dovessero rimanere le disposizioni finali, sia nei confronti delle singole Università che nei confronti dei commissari esaminatori.
Non è possibile che veniamo esaminati in una simile maniera, nella quale il potere decisionale in merito al nostro futuro sia completamente nelle mani delle commissioni esaminatrici. Un esame che normalmente si svolge in più di 3 mesi con prove intervallate da finestre temporali di più settimane adesso viene accorpato e svolto in un colloquio telematico di cui non conosciamo neppure le tempistiche. E’ impensabile che non vi saranno disuguaglianze tra i candidati che sosterranno l’esame nella prima settimana e coloro che invece si vedrà esaminati settimane dopo. Un colloquio telematico che viene a costare a noi candidati in alcune sedi universitarie oltre i 400€, in un momento di totale crisi economica. Per l’ennesima volta non vi è alcuna tutela nei nostri confronti.
Ci sentiamo presi in giro dalla politica e non considerati da chi dovrebbe rappresentarci. Non siamo dei ragazzini, e non staremo in silenzio a farci trattare in questa maniera”.