A ormai dieci giorni dal Cura Italia giornalisti, uffici pubblici, istituti di credito, commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro sono tutti ancora impegnati nella traduzione del DL 18/2020.
Sì, perché mentre è stato di semplicissima lettura l’art. 67 c. 4 del DL 18/2020 con il quale vengono riconosciuti due anni in più agli uffici dell’amministrazione finanziaria per poter procedere ai controlli di legge, ogni altro articolo dei titoli II, III, IV e V è di complessa interpretazione.
Ad oggi 26 marzo i famosi 600 euro promessi agli autonomi appaiono ancora un miraggio. Messi sul piatto a favore degli iscritti alle gestioni obbligatorie, la maggior parte dei quali è a casa ad interrogarsi sul proprio futuro lavorativo, dopo dieci giorni non è lecito conoscere né chi può richiederli né come e quando.
Si è passati dalla querelle del click day, messa subito in campo dall’INPS e smentita a gran voce dai rappresentanti del governo il giorno seguente, ai forti dubbi interpretativi su quali debbano essere le categorie coinvolte. Ci vorrà il Pin o potremo semplicemente mandare un sms all’istituto? Dovremo passare per i patronati o dovrà pensarci il mio commercialista? Ci vuole il Pin dispositivo o andrà bene lo Spid? Nella tarda serata di ieri l’Inps con il messaggio 1381 ci comunica alcuni canali con i quali si potrà procedere con la richiesta e ci rende noto la creazione di un percorso semplificato per l’ottenimento del Pin. Ad oggi quindi, gli aventi diritto non conoscono ancora tempi e modi per il bonus. Insomma, si sta facendo davvero dell’incertezza il proprio cavallo di battaglia.
Accantonato al problema del iter della richiesta stessa, per la quale si attendono lumi, oggi è l’interpretazione dell’art. 28 del DL 18/2020 a non stabilire chiaramente la platea dei beneficiari. Tra gli autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Ago rientrano anche i soci di società di persone e capitali che prestano la propria opera all’interno dell’attività societaria? Bene, mentre nell’art. 27 che riguarda la gestione separata si fa esplicito riferimento alla Partita IVA, nulla di dice riguarda alla Partita IVA nell’art. 28, facendo pensare quindi che i fondi possano essere destinati anche a loro. In caso contrario, sarebbe certamente una posizione che andrebbe ad evidenziare una iniquità non da poco. Prendiamo ad esempio due soci di Snc che conducono l’attività di ristorante. Per i dipendenti il decreto prevede lo strumento della cassa integrazione (differente a seconda del caso di specie) mentre nulla si dice che fine debbano fare e cosa debbano riportare a casa i titolari della società.
La micro impresa e la PMI è strutturata, nella stragrande maggioranza di casi, in questa modalità. Bisogna inoltre tener presente che i nostri micro imprenditori, ossia coloro che tutte le mattine alzano le saracinesche e che tutti i giorni sono pronti ad accoglierci con un sorriso per darci beni e servizi, non sono solamente dei contribuenti ai quali costantemente chiedere, ma sono soprattutto cittadini, che andrebbero ringraziati per il loro costante impegno nonostante tutto sia così tremendamente complesso e costoso.
Anche sul fronte della messa in pratica degli artt. 49, 54 e 56 da parte degli istituti di credito e in particolar riferimento sulla moratoria delle rate dei prestiti, finanziamenti o leasing si cammina tutti in ordine sparso. Non essendo riconosciuta una procedura unitaria tanti istituti si stanno muovendo a sostegno delle aziende a prescindere dal DL. Inoltre, le modulistiche di riferimento vengono predisposte singolarmente da ogni banca risultando ogni singola comunicazione differente.
Sarebbe utile sotto questo profilo far giungere la liquidità, richiesta a gran voce dal Premier e dal Presidente Draghi, ad un apposito fondo di garanzia che vada a finanziare direttamente, sotto i vari aspetti (liquidità, investimenti, progetti) le nostre imprese. Gli imprenditori leggono sui rotocalchi digitali queste enormi promesse e cifre, ma raramente si trovano un piccolo pezzetto di Qe nella loro azienda. Anche qui, riconoscendo l’importanza strutturale dell’equilibrio del sistema bancario, non bisogna dimenticarsi che esso è un mezzo per dare ossigeno alla nostra impresa.
L’articolo 62 del DL 18/2020 sospende i termini di versamento e gli adempimenti amministrativi. Ma entrare nel dettaglio delle varie scadenze equivale a paracadutarsi all’interno del labirinto di Dedalo. Le attività che non rientravano nell’elenco delle penalizzate o strategiche e che fatturano meno di 2 milioni hanno visto concessa una mini proroga di 4 giorni, per le altre tutto rimandato a giugno in rata unica o cinque rate. Ma si sono dovute pagare le ritenute d’acconto e la tassa di concessione governativa.
Sul versamento della quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori è dovuto intervenire l’INPS con dei chiarimenti. Si è lasciato imprese e professionisti appesi alla scadenza fino all’ultimo giorno. Si lasciano nel limbo anche gli avvisi bonari e le rateazioni amministrative. Pe loro la proroga ad oggi non c’è.
Inoltre, nulla di fatto sulla proroga delle Certificazioni Uniche e delle comunicazioni a carico degli amministratori di condominio. Si continua quindi a puntare anche quest’anno sulla precompilata. Gli studi professionali quindi sono in questi giorni alle prese con tali adempimenti. Quelli che hanno le strutture in grado di supportare lo smart working operano, non senza difficoltà, da casa, gli altri sono costretti ad organizzare gli studi nel rispetto delle prescrizioni sanitarie.
A questo punto, anche dopo il rinvio concesso all’approvazione dei bilanci, già si sarebbe dovuti arrivare alla consapevolezza che si va incontro ad un anno fiscale da azzerare. Anzi l’occasione è propizia per poter portare a compimento quella importante riforma fiscale che ogni governo annuncia ma che noi cittadini attendiamo da tempo.
Come evidenziato anche dal professor Alessandro Capocchi, in un suo recente articolo su Econopoly, questa grave crisi deve essere da sprono per dare alla luce una riforma amministrativa e fiscale che dia ampio respiro al cittadino ed allo Stato. Una riforma che faccia appunto sentire il cittadino orgoglioso di far parte di un sistema virtuoso, il nuovo sistema Italia.
Lo Stato troverebbe schierati al proprio fianco il suo popolo, volenteroso, soprattutto ora, di far parte della ricostruzione che c’è da compiere dopo questa tragedia. Bisogna dare un segnale importante, non solo sotto il profilo materiale, ma necessariamente si deve trasmettere entusiasmo e fiducia nel futuro.
Fino ad oggi tutti i cittadini sono stati pronti ed attenti servitori di ogni prescrizione.
Hanno tutti avuto comportamenti responsabili. Chi deve stare a casa, chi deve preoccuparsi di non interrompere le filiere produttive necessarie, chi giornalmente ci rifornisce di beni di prima necessità, chi, tra mille difficoltà, sta quotidianamente al fianco delle aziende italiane. Tutti facciamo il nostro dovere per lo Stato. Oggi però lo Stato deve rispondere, deve dirci che sta migliorando la nostra casa e che farà di tutto per renderla accogliente ed attrattiva. Come un padre deve darci la sua mano ed accompagnarci nel cammino verso il futuro.